Fiat: Cig in deroga e sgravi all’export, le carte (nascoste) di Marchionne

Pubblicato il 23 Settembre 2012 - 10:20 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Marchionne (Foto LaPresse)

ROMA – La sensazione del giorno dopo è che quello uscito da palazzo Chigi dopo l’incontro Marchionne-Monti non sia un accordo Fiat-governo bensì un nulla di fatto in cui l’azienda fa una piccola concessione, sperando di avere dal governo una grande concessione. In poche parole quel “ci impegnamo a rimanere in Italia” costa al governo il fatto che la Fiat resta qui ma per “investire all’estero”, produrre per “vendere negli Usa” e che qui tornerà a spendere soldi “solo al momento idoneo”. Che vuol dire tutto e non vuol dire niente, come in fondo il comunicato congiunto, che lascia molti punti in sospeso. Tra i sindacati, ancora una volta, l’unica che sembra cogliere questa mezza sconfitta è la Fiom, con Maurizio Landini che invece di festeggiare come gli altri dice: ”Adesso spero che il governo convochi i sindacati il più presto possibile”.

Anche perché c’è tanto da spiegare: il comunicato congiunto governo-Fiat, che in questi casi è ciò che vale perché impegna i firmatari, non prende alcun impegno. Il progetto Fabbrica Italia non viene più menzionato, ad esempio. E soprattutto non dice una cosa fondamentale: la Fiat ricorrerà alla cassa integrazione in deroga? Prevelerà cioè altri soldi dalle casse statali? Non se n’è parlato e forse volutamente visto che, secondo alcuni, è proprio questa la carta nascosta nella manica di Marchionne.

A un rapido ragionamento, però, si nota che le condizioni ci sono tutte. La cassa integrazione in deroga servirebbe, in caso di ristrutturazione, ad offrire copertura ai dipendenti se il lavoro continuerà a mancare come ormai appare, purtroppo, molto probabile. E’ questo a cui punta Marchionne, ma sa anche lui che è molto complicato chiedere una deroga ora e Monti sa che è quasi impossibile concedergliela: bisognerebbe spiegare all’Italia come si giustifichi la deroga rispetto alla riforma del mercato del lavoro firmata dal ministro Fornero. Ma Marchionne spinge sul governo e quel “investiremo solo al momento idoneo”, significa che la Fiat ci metterà i soldi solo quando la crisi sarà passata, quindi sicuramente non prima di fine 2013. E allora rimane in bilico il destino di 7mila operai: nel 2013 resterebbero senza copertura 5mila a Mirafiori e 2mila a Pomigliano. Come si fa? Secondo alcuni Marchionne punta proprio a usufruire della cassa integrazione in deroga. A Mirafiori, ad esempio, se solo la Fiat rinviasse di un anno la produzione dei suv, la Cig scatterebbe per i 5mila dipendenti e verrebbe a costare 50 milioni all’erario.

L’altro asso nella manica di Marchionne sono gli aiuti sull’export: l’ad di Fiat punta a farsi dare dal governo delle agevolazioni per vendere le auto sui mercati stranieri, in particolare extraeuropei. Il problema, come sottolinea Il Sole 24 Ore, è che la congiuntura nordamericana richiederebbe in realtà di investire ora. Marchionne non lo fa perché vuole spingere su Monti e farsi dare i soldi?

Le reazioni. All’indomani dell’incontro fra il governo e la Fiat arrivano le reazioni della politica e dei sindacati. Regnano la cautela e l’attesa. Duro il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che si dice contrario a ogni forma di incentivi a favore dell’azienda: “Sono tendenzialmente contrario ad altri incentivi. Non mi sento rassicurato ma preoccupato. La Fiat dempia agli impegni che aveva preannunciato, in passato, lo Stato ha fatto bene ad aiutare, abbiamo già dato, ora dia la Fiat”.

Scettico anche il leader del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani: “Nonostante gli sforzi del governo, mi pare che il problema Fiat rimanga del tutto aperto”. Cesare Romiti, per anni alla guida del Lingotto, dice: “Non si è combinato nulla, i nodi sull’occupazione restano”. Ottimista il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che però chiedo alla Fiat di incontrare al più presto le parti sociali. “I gufi sono stati smentiti: l’incontro con il governo è stato positivo, ma ora l’azienda deve incontrare anche i sindacati che si sono assunti le proprie responsabilità per gli investimenti peraltro già realizzati di Pomigliano e Grugliasco”.