Il Washington Post pubblica una lunga corrispondenza da Torino sulle iniziative dell’ad di Fiat Sergio Marchionne per l’acquisto di Chrysler e di una fetta della General Motors in Europa, tra cui la Opel, e sulla trasformazione di Fiat ”da un piccolo protagonista nell’industria globale dell’auto ad un titano che punta a diventare il terzo produttore di automobili nel mondo dopo Toyota e Volkswagen.
Il Post, secondo cui gli italiani sono ”abbacinati” dall’evoluzione di Fiat, cita in prorposito il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, che dice: ”se quattro anni fa mi avesse chiesto se potessi immaginare che Fiat si sarebbe rimessa in sella e potesse trasformarsi da preda a cacciatore le avrei detto che era pazzo, perchè la Fiat era gestita male”.
Senza spendere un centesimo, scrive il Post, e sotto la gestione di un ad senza precedenti esperienze nell’industria dell’auto, Fiat si è accordata per acquisire il 20 per cento di Chrysler e potrebbe avere la maggioranza azionaria in pochi anni. Se avesse successo anche nell’affare con GM, Fiat produrrebbe quasi 6 milioni di auto l’anno, il triplo di quanto ha prodotto l’anno scorso.
D’altra parte, prosegue il Post, aumentano le preoccupazioni per il rovescio della medaglia, perchè se Fiat si prende la parte europea di GM potrebbe tagliare 18 mila posti di lavoro prima di tornare a fare profitti. Inoltre, la strategia di Fiat potrebbe fallire a causa della inerente difficoltà di mettere insieme tre industrie che perdono denaro.
”Siamo preoccupati dal fatto che Fiat, diventando un marchio globale possa lasciare l’Italia nella polvere”, ha dichiarato al Post Giorgio Airaudo, segretario della Fiom-Cgil, che ha aggiunto: ”la domanda cruciale che ci poniamo è: quale sarà il ruolo dell’Italia? Quale sarà il futuro delle nostre fabbriche? Che cosa produrremo?”.
Al contempo, scrive il Post, non mancano dubbi su una delle principali aspettative di Fiat, e cioè che dopo aver abbandonato un quarto di secolo fa il mercato americano, avrà successo nel vendere le sue piccole ed economiche auto ai consumatori statunitensi. Dice ancora Airaudo: ”Spero che gli americani vorranno andare in giro su Alfa Romeo e Cinquecento, ma non ne sono sicuro”.
Gli operai e gli azionisti di Fiat, oltrechè i governi americano e italiano, rileva il Post, puntano le loro speranze su Marchionne, nominato ad di Fiat cinque anni fa. ”Credo che si tratti di vedere quanto Marchionne è capace di fare miracoli”, osserva Marina Whitman, ex-economista alla GM ora docente all’Università del Michigan. ”Con la sua ambizione di diventare uno dei grandi in un mercato sempre più consolidato, rischia di voler ingoiare un boccone troppo grosso”, aggiunge Whitman.
Se negli Usa le cose sono andate relativamente lisce, prosegue il Post, non è così in Germania, dove la proposta intesa con la GM è diventata un importante argomento in vista delle elezioni previste a settembre. Sindacati e influenti uomini politici vogliono essere rassicurati che Fiat non chiuderà fabbriche in Germania. Alcuni di questi politici hanno apertamente espresso dubbi che Fiat sia la scelta giusta per l’acquisizione di Opel, rilevando che la fabbrica torinese è indebitata per 9 miliardi di dollari.
Potrebbero inoltre esserci difficolta’ in Italia, osserva il Post. ”La famiglia Agnelli, che tuttora detiene il 30 per cento di Fiat, ha relazioni complicate col presidente del consiglio Silvio Berlusconi, il quale, pur avendo sempre encomiato gli Agnelli, non si è mai mostrato entusiasta nel sostenere la Fiat o l’industria dell’auto”. A questo proposito il Post cita Sergio Romano: ”Quando Fiat era nei guai nel 2002 e si rivolse a Berlusconi, non ci fu alcun segnale della sua volontà di intervenire”.