Mirafiori, Pomigliano. Fassino per il sì, Pd diviso. Massimalisti e riformatori, categorie superate

di Dini Casali
Pubblicato il 29 Dicembre 2010 - 12:45| Aggiornato il 14 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

Ultimissime sul fronte Fiat. Oggi (mercoledì 29 dicembre) primo appuntamento del tavolo sul nuovo contratto per Pomigliano. Fiat vedrà oggi Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Ugl che si dicono “ottimiste” sulla possibilità di raggiungere un’intesa già in giornata, o comunque a breve. Sempre oggi si riunirà un comitato straordinario della Fiom per decidere sulle azioni da intraprendere contro l’accordo separato dello scorso 23 dicembre di Mirafiori. La Fiom ha annunciato uno sciopero generale di 8 ore il 28 dicembre a Mirafiori.

Sul fronte politico, invece, la “sfida dell’americano” Sergio Marchionne, spacca come era prevedibile l’opposizione, Pd in testa, facendo emergere le vecchie contrapposizioni. Il governo si nasconde e confina dietro il ruolo di notaio che non avanza proposte, non media, non capisce il punto di svolta nelle relazioni industriali del Paese. E punta solo sulla divisione sindacale, un modo come un altro per dire addio a qualsiasi soluzione condivisa. Più in generale, la drammatica vertenza in atto rivela l’altrettanto drammatico ritardo del Parlamento nel delineare un quadro normativo utile per non penalizzare la produttività senza mortificare la dignità dei lavoratori.

Forse attendersi dal Pd una posizione condivisa  su un tema che dovrebbe essere la sua ragione sociale, era chiedere troppo. Da Vendola a Di Pietro è tutto un gridare all’autoritarismo di Marchionne, al pericolo che corre la democrazia. Pieno sostegno alla Fiom, insomma. Nel Pd, invece, fa scalpore la presa di posizione di Fassino: “Fossi operaio voterei l’accordo di Mirafiori”. Con lui anche Chiamparino. L’ala torinese vuole salvaguardare i posti di lavoro, a tutti i costi. Per questo accetterebbe la soluzione americana di Marchionne: d’altra parte ne hanno sposato sin dall’inizio l’intero progetto. Non c’è da stupirsi, anche il modello di riferimento Obama ha fatto così a Detroit, mettendoci i soldi e limitando l’emorragia occupazionale. Solo che ha anche messo condizioni e paletti, ha preteso garanzie, ha ottenuto impegni.

Il resto del Pd non può seguire acriticamente Marchionne, né abbandonare a cuor leggero Fiom e Cgil. C’è il rischio concreto di elezioni a breve: a sinistra non si possono lasciare praterie a Vendola. Solo che rischia di rimanere inchiodato alla contrapposizione novecentesca tra massimalisti e riformatori. Pieno Pci, per dirla chiaramente. L’elaborazione culturale, che pure ci sarà stata, sembra segnare il passo, almeno nella percezione comune. Il partito, messo alle strette dagli eventi, non sa decidere con chi stare, o offrire soluzioni e alternative.

I problemi sul tavolo sono enormi, forse c’è eccesso di enfasi a definire epocale il passaggio attuale, ma la ristrutturazione del processo lavorativo va regolamentata. Globalizzazione non è solo uno slogan: proprio ieri Marchionne ha presenziato con Lula alla della prima pietra del nuovo stabilimento del complesso industriale-portuale di Recife in Brasile. L’obiettivo è produrre duecentomila vetture dal 2014  per arrivare a un milione di auto l’anno.

Il capitolo relazioni industriali: anche qui, pragmaticamente, non si tratta di schierarsi pro o contro Marchione. Il problema sono le regole della rappresentanza sindacale. Alla Fiom, per intenderci, non si può concedere a occhi chiusi il diritto di veto. Ma alle minoranze va garantito comunque il diritto alla rappresentanza in fabbrica.

Marchionne esige assicurazioni  che gli accordi vengano rispettati e per questo vuole interlocutori affidabili, che una volta siglato il contratto mantengano gli impegni. Ma non può calpestare i diritti e, seguendo la sua logica, è questo il momento di più alta conflittualità sindacale, prima cioè di aver firmato. E non aiuta la scelta di una Newco proprio un attimo prima di siglare gli accordi. “Esimi giuristi hanno sottolineato come questo comma dell’accordo Mirafiori sia coerente con l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori che garantisce diritto di rappresentanza solo alle organizzazioni che abbiano stipulato almeno un contratto in quell’azienda. Trattandosi di una newco, ed essendo questo il primo e unico contratto stipulato, l’interpretazione alla lettera dell’articolo 19 implica che la Fiom che non firma non avrebbe diritto a costituire la rappresentanza sindacale in azienda (Tito Boeri, sulla Repubblica del 29 dicembre). Cosa dovrebbe fare la Fiom se non proclamare lo sciopero generale? E’ su questi presupposti che Marchionne intende instaurare i rapporti in fabbrica? A meno che non sia tutta una manovra per chiudere baracca e burattini e andarsene in America.