Fiat, a Monti un mezzo sì: “Restiamo in Italia, ma per ora investiamo fuori”

Pubblicato il 22 Settembre 2012 - 22:12 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Marchionne e John Elkann (Foto Ansa)

ROMA – La Fiat resta in Italia, almeno al momento, guardando molto di più all’export e investendo qui “nel momento idoneo”. Ha la parvenza di una mezza vittoria che potrebbe nascondere una sconfitta il risultato del vertice tra i vertici Fiat (Sergio Marchionne e John Elkann) e il governo di sabato 22 settembre. Un lunghissimo incontro, durato cinque ore, in cui Fiat ha presentato il piano industriale a Mario Monti e colleghi e si è tentato di trovare una mediazione per fermare l’azienda e tenerla ancorata al nostro Paese. Un braccio di ferro intenso e lungo che si è concluso con un comunicato congiunto Fiat-governo.

Un comunicato in cui la Fiat dichiara di voler salvaguardare la presenza in Italia grazie all’export negli Usa e alle attività produttive in utile nelle altre aree geografiche. Ma si riserva di investire qui in Italia, in nuovi prodotti, solo “al momento più idoneo”, quando il mercato europeo si sarà ripreso. Nel frattempo il costruttore lavorerà allo sviluppo di un modello di export per aumentare la capacità degli impianti italiani. Una dichiarazione che arriva dopo l’abbandono della Fiat del piano Fabbrica Italia che prevedeva investimenti di 20 miliardi di euro nel nostro Paese.

La Fiat è intenzionata a riorientare il modello di business in Italia in una logica che privilegi l’export”, manifestando “piena disponibilità a valorizzare le competenze e le professionalità peculiari delle strutture italiane, quali ad esempio l’attività di ricerca e innovazione”. Una decisione apprezzata dall’esecutivo: “Il governo ha apprezzato l’impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria”, si legge nel comunicato congiunto diffuso a fine giornata.

Nel corso dell’incontro il Lingotto ha illustrato “le proprie stime sull’andamento del mercato automobilistico italiano e internazionale e le prospettive strategiche di sviluppo futuro del gruppo, concentrandosi in particolare su quelle che possono derivare dall’integrazione delle piattaforme di Chrysler e Fiat”. L’azienda ha ricordato di aver investito 5 miliardi in Italia negli ultimi tre anni.

Al termine della riunione, governo e Fiat “hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell’azienda”. In particolare, “un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il Mise per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive”.

Fuori da Palazzo Chigi si leva forte la voce dei sindacati. Per Bonanni segretario della Cisl, “Marchionne deve riprepararsi al mercato che riprenderà vigore facendo ricerca, migliore innovazione di prodotto e rimettendo a posto l’azienda”.

Fuori dalla sede governativa, la protesta dei lavoratori di Irisbus che protestano contro la chiusura dello stabilimento di Avellino: “A fine anno scade la cassa integrazione – hanno spiegato dopo le grida contro la Fiat – Ma noi non vogliamo assistenza, chiediamo a Monti e a Marchionne di dirci se in Italia si devono produrre autobus anche perchè abbiamo mezzi obsoleti e inquinanti. Finora non abbiamo avuto risposte, non ci ricevono nemmeno”.