La Fiat se ne va in Serbia. Per i sindacati? Forse. Ma a Belgrado un operaio prende 444 euro al mese

Pubblicato il 26 Luglio 2010 - 14:09 OLTRE 6 MESI FA

Per Sergio Marchionne il motivo della decisione di Fiat di investire un miliardo di euro in Serbia va cercato nel comportamento di alcuni sindacati del nostro Paese. L’amministratore delegato lo ha detto a chiare lettere la scorsa settimana parlando di “problema di Pomigliano” e definendo poco seri i sindacati nostrani.

Eppure, dietro la “fuga serba” potrebbe esserci dell’altro. Cosa lo spiega il quotidiano Il Giornale in un lungo articolo dedicato proprio alla vita nel Paese Balcanico. Il problema è quello “classico” che porta alla delocalizzazione. A Belgrado scrive il giornale di Feltri, un operaio guadagna in media 444 euro al mese. Per la Serbia, dove il costo della vita, Belgrado esclusa, è circa un quinto del nostro, possono forse bastare, in Italia proprio no. Se a questo aggiungiamo che per avere la Fiat la Serbia è pronta a ulteriori sacrifici il gioco è presto fatto.

Nel Paese slavo c’è grande voglia di liberarsi dei retaggi del passato, caffè e locali sono affollati anche a belgrado dove i prezzi sono proibitivi per molti stipendi: una birra arriva a 140 dinari contro i 100 della provincia. I giovani, però, non ci badano e tagliano altrove: magari sull’abbigliamento dove imperversano i prodotti contraffatti.

A Kragujevac, dove la Fiat ha già assunto 1000 operai, i taxi sono i più economici di tutta Europa. E poi, se uno stipendio solo non dovesse bastare ci si arrangia con il doppio lavoro, oppure coltivando un orto e distillando Rakja, la tipica grappa della zona. Una cosa è certa: Marchionne & co, a Belgrado, sono davvero i benvenuti.