Fiat, l’epicentro rimarrà Torino? Elkann: “4 centri direzionali”. Si, ma comanda uno solo

Pubblicato il 6 Febbraio 2011 - 10:22 OLTRE 6 MESI FA

TORINO – La Fiat potrà avere tutti i centri direzionali del mondo, ma bisogna capire quale di questi sarà effettivamente il “cervello” dell’azienda automobilistica. Le parole dell’amministratore delegato Sergio Marchionne (in sintesi, “prima avanti con la fusione con Chrsyler, poi ce ne andiamo a Detroit”) hanno innescato una bomba che lascia un dubbio atroce: Torino diventerà soltanto una succursale di Detroit? E nemmeno l’ipotesi dei 4 centri direzionali, ribadita da John Elkann, sembra poter dare una risposta a questa domanda. Fin dai tempi dell’imperatore Diocleziano (che aveva istituito la tetrarchia), era chiaro che ci vuole sempre una testa “centrale” che prenda le decisioni per tutti.

Dopo aver suscitato perplessità persino tra le fila del governo (che pure aveva appoggiato senza se e senza ma la ristrutturazione dell’azienda e tutte le mosse di Marchionne), l’ad ha provato a rassicurare il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: “Torino resterà centrale”, e comunque la sua non è un’ipotesi “a breve termine”. In appoggio a Marchionne è arrivato John Elkann, che ha chiamato il sindaco Sergio Chiamparino per rassicurarlo, spiegando che Fiat avrà 4 centri direzionali: Torino base per l’Europa, Detroit per il Nord America (più un centro direzionale per il Brasile, e per l’Asia si vedrà).

Intanto, nonostante le smentite di rito, la sortita di Marchionne ha riacceso il dibattito a livello politico ed economico, come ha sintetizzato Raffaella Polato sul Corriere della Sera. La Fiom è tornata all’attacco: «Fiat conferma la volontà di andar via dall’Italia» . Così come la Cgil di Susanna Camusso: «Il governo convochi subito Marchionne» .

Più concilianti gli altri sindacati, che sembrano addirittura giustificare Marchionne: «ci sono frasi sbagliate» (Uilm) ma «se continua il clima di ostilità verso la Fiat, dalla Fiom al mondo politico, diventa quasi logica una soluzione del genere» (Bruno Vitali, Fim).

Intanto, prosegue la Polato, gli uomini di Nichi Vendola “tornano ad attaccarlo («L’avevamo detto» ), Antonio Di Pietro fa altrettanto. Il Pd, che su Mirafiori l’aveva difeso, al trasloco non crede”.