Fuga dei capitali dall’Italia: 115 miliardi di euro in Svizzera in soli 10 mesi

Pubblicato il 12 Gennaio 2013 - 14:07 OLTRE 6 MESI FA
Fuga dei capitali dall’Italia: 115 miliardi di euro in Svizzera in soli 10 mesi

ROMA – Tempo di crisi, controlli fiscali ed alta tassazione in Italia e come scrive Il Fatto Quotidiano oggi 12 gennaio, i grandi patrimoni (o almeno una parte di essi) se ne sono già andati altrove. Secondo alcune indiscrezioni raccolte infatti dal sito InvestireOggi.it , da gennaio a ottobre 2012 sarebbero fuoriusciti dalle banche italiane circa 115 miliardi di euro, cifra che corrisponde a circa 19 miliardi al mese. Dove sono diretti tutti questi soldi? Molto vicino racconta Il Fatto: in Svizzera.

I conti tornerebbero anche al Fondo Monetario Internazionale che tra giugno 2011 e giugno 2012 stima una fuga fuori dall’Italia di 235 miliardi di euro. Come spiega Il Fatto, se questa cifra venisse confermata, si tratterebbe di una cifra superiore ai circa 95 miliardi rimpatriati nel 2009 con lo scudo fiscale varato dell’ex ministro Giulio Tremonti. Tutto ciò sarebbe avvenuto fra l’altro in soli 10 mesi. Alla cifra esportata fuori dall’Italia, bisogna poi aggiungere i soldi trasferiti illegalmente.

Tutti questi soldi bisognerebbe recuperarli velocemente, scrive Il Fatto. Nel frattempo però, con le dimissioni di Monti è scomparso anche il trattato fiscale tra Italia e Svizzera.

Scrive Il Fatto:

“Denaro da recuperare il prima possibile per ridare ossigeno alle anemiche casse statali, sgonfiare i quasi 2 miliardi di debito pubblico e scongiurare il rischio di una nuova manovra. Con le dimissioni del governo Monti, però, si sono perse le tracce anche del trattato fiscale fra Roma e Berna, ovvero l’entità del prelievo una tantum sui capitali non dichiarati e oggi ospitati nei caveau svizzeri (cui si aggiunge la tassa annuale dei redditi finanziari dei capitali emersi). Del patto bilaterale si parla dall’estate 2012 per l’incontro fra Monti e il presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf, con un’accelerazione delle trattative a novembre che avevano spinto il ministro del Tesoro Vittorio Grilli a ipotizzare un’intesa entro Natale e infine un nuovo stop a dicembre, dopo la bocciatura di un accordo simile fra la Svizzera e la Germania. “Il confronto è aperto, ma ancora non c’è una conclusione”, aveva detto il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli l’11 dicembre in commissione Finanze a Montecitorio. Poi è arrivata la crisi di governo”.

“E mentre il patto anti-furbetti con la Svizzera resta nel limbo, la fuga aumenta. ‘E’ il mercato, bellezza’, ribattono i turbo liberisti. Perché dall’imposta di bollo sui depositi bancari (0,10% lo scorso anno e 0,15% dal 2013) all’innalzamento al 20% dell’imposta sugli interessi maturati dagli strumenti finanziari diversi dai titoli di stato e sul capital gain, la pressione su risparmi e conti deposito è diventata troppo forte. Meglio trasferire nei cantoni i depositi “in chiaro”, ovvero acquistare o depositare titoli fruttiferi (come le obbligazioni) nelle banche svizzere. I clienti non residenti che operano in regime dichiarativo non pagano alcuna imposta, a meno che non si scelga di mantenere l’anonimato. In questo caso viene applicata l’euroritenuta pari al 35% degli interessi. In Svizzera quindi, il risparmiatore è libero di disporre al 100% degli interessi maturati per un periodo di tempo abbastanza lungo, prima di doverli dichiarare al fisco italiano con la chiusura dell’anno fiscale e versando le dovute imposte. E tutto senza sentirsi gli occhi addosso del Grande Fratello dell’Agenzia delle Entrate che prevede la comunicazione automatica e periodica al Fisco dei depositi e dei conti correnti. Non a caso il fenomeno dell’esportazione – del tutto legale – dei capitali comincia a riguardare un numero sempre maggiore di piccoli e medi risparmiatori”.