Al G20 passa la linea di Tremonti: anche il debito privato nel conto della crisi

Pubblicato il 21 Febbraio 2011 - 08:50 OLTRE 6 MESI FA

Giulio Tremonti

PARIGI -Il G20 accoglie la tesi italiana, quella per cui il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si è sempre battuto. I Paesi più industrializzati, riuniti a Parigi, hanno deciso con quali parametri giudicare le economie mondiali e grazie a questi parametri riuscire a tracciare una mappa per uscire dalla crisi globale, possibilmente diminuendo gli squilibri.

La tesi italiana passata è che tra questi parametri verrà valutato anche il debito privato, punto di forza, e di stabilità, del nostro paese. L’Italia ha sì un forte debito pubblico, che le stime Fmi hanno giudicato in rialzo fino al 120%, ma buona parte di quel debito è però in mano italiana e privata, in mano ai risparmiatori e alle banche.

Ora Tremonti vede la strada in discesa: se la tesi italiana è passata al G20, perché non dovrebbe andar bene anche per l’Ecofin, ossia per l’Europa? Per il ministro, quindi, al vertice di Parigi ”è passata la tesi giusta che è anche quella italiana” anche se questo ”viene fatto non nell’interesse dell’Italia ma della logica comune”.

”Se vuoi evitare le crisi devi valutare la stabilità del sistema che è fatto da debiti e finanze pubbliche, ma anche da quelle private. Negli ultimi mesi la tendenza è stata quella di considerare solo la finanza pubblica come se tutte le colpe fossero dei governi e non soltanto delle banche e della finanza privata”. Tremonti è soddisfatto anche per i ”passi avanti” sull’altro cavallo di battaglia del governo italiano, quello della speculazione sui prezzi delle materie prime che rivendica di aver posto già due anni fa.

”Allora ci dissero che la speculazione non esiste” spiega ”e conservo anche un rapporto dell’Fmi dell’epoca che dice questo”. Un tema delicato, rileva Tremonti, che i fatti recenti del Nord Africa hanno posto all’attenzione dei governi. ”Le cause sono profonde – dice – ma il motore è stato la rivolta del pane” e rischia di creare ”effetti a cascata in Nord Africa” forse più alti di ”quelli della guerra del Kippur”. Per Tremonti comunque l’approccio europeo ”non può essere quello primitivo di esportare la democrazia” che non ”è un McDonald’s” ma un fatto ”complesso” che anche in molti paesi del Vecchio Continente fino a quaranta anni fa ”non esisteva”.