Giappone, addio palloncini a Disneyland: manca l’elio

Pubblicato il 9 Maggio 2013 - 08:38 OLTRE 6 MESI FA
Giappone, addio palloncini a Disneyland: manca l'elio

Giappone, addio palloncini a Disneyland: manca l’elio

TOKYO – Addio ai palloncini al Disneyland di Tokyo. Davanti alla scarsità di elio, il gas che li fa “svolazzare” per la gioia dei bimbi, il Giappone ha deciso di sospendere la vendita di palloncini al Tokyo Disney Resort. Il problema della scarsità di elio però non riguarda solo Tokyo, ma rischia di avere conseguenze a livello mondiale.

L’elio infatti è usato soprattutto come carburante per shuttle e propellente nell’industria aerospaziale, ma tra i suoi utilizzi anche macchine scientifiche come quelle delle risonanze magnetiche degli ospedali. Scarsità e prezzi sempre più elevati, spiega Sissi Bellomo sul Sole 24 ore, hanno fatto sì che l’elemento più abbondante nell’universo sia quello più difficile da reperire. A complicare la situazione c’è un disegno di legge degli Stati Uniti:

“Il disegno di legge in questione riguarda la Us Federal Helium Reserve, la riserva strategica di elio che Washington aveva costituito a fini militari negli anni della Guerra fredda. In base all’Helium Amendment Act del 1960 il Governo iniziò ad acquistare a prezzi che ne incentivassero la produzione grandi quantità di gas, da custodire nel Bush Dome Reservoir: caverne naturali vicino ad Amarillo in Texas.

L’obiettivo era di cedere gradualmente le scorte, in modo da ripagare il debito accumulato per acquistarle. Ma la formula adottata per calcolare il prezzo di vendita non era abbastanza remunerativa e nel 1996 – con un debito che aveva ormai raggiunto 1,3 miliardi di dollari – il Governo decise terminare il programma: le riserve furono privatizzate, si smise di alimentarle e si stabilì che, una volta ripagato il debito, le vendite di elio cessassero. Il forte sviluppo della domanda – che è cresciuta in media del 3,6% l’anno tra il 1990 e il 2008 e addirittura del 7,8% l’anno tra il 1996 e il 2001 – ha fatto sì che il traguardo venisse raggiunto prima del previsto: a ottobre, in mancanza di un intervento, le vendite rischiano di interrompersi automaticamente, privando il mondo di 60 milioni di metri cubi di forniture, circa un terzo dell’offerta mondiale, che si è finora sviluppata molto poco proprio a causa delle riserve Usa, troppo a lungo “svendute””.

Insomma dietro la crisi dell’elio vi sarebbero i conti (sbagliati) degli Stati Uniti e ora che le riserve americane sono destinate ad esaurirsi entro il 2020, secondo le stime, c’è già chi corre ai ripari:

“Negli ultimi anni negli Usa sono sorti impianti di produzione in Wyoming, Oklahoma, Kansas e Colorado. In Qatar il potenziamento di Ras Laffan Helium potrebbe presto consentire di soddisfare un quarto della domanda mondiale. Il potenziale maggiore, tuttavia, è in Russia e in particolare in Siberia Orientale, dove Ernst & Young stima che entro il 2030 potrebbero essere prodotti 250 milioni di metri cubi di elio l’anno, soddisfando tre quarti dei consumi mondiali previsti. Gazprom conta di portare nuove forniture sul mercato già dal 2018 e ha già siglato memorandum d’intesa con diversi potenziali clienti, tra cui la francese Air Liquide e la giapponese Matheson”.