Google, curriculum addio. 4 regole per assumere: cervelli non risorse umane

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2015 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Google assume così: il curriculum è morto, cambiano i criteri. Le 4 regole

Google assume così: il curriculum è morto, cambiano i criteri. Le 4 regole

NEW YORK – Il curriculum sta morendo, avverte Google, anche i cacciatori di teste servono a poco e così i siti internet specializzati. Meglio cercarseli da soli i potenziali candidati e farli selezionare da team interni. La fonte è autorevole, Laszlo Bock, capo del personale di Google: anche la sua qualifica ufficiale, “senior vice president of People Operations” (capo delle operazioni con la gente, traduzione letterale ma scadente), innova quella filosofia aziendale diventata di moda negli ultimi anni e che ha portato all’affermazione del direttore delle “risorse umane”.

Laszlo Bock ha scritto un libro, “Work Rules!”, regolamento di lavoro. Business Insider ne riferisce le quattro regole fondamentali, “quattro semplici principi che possono aiutare anche i più piccoli a fare molto meglio nelle assunzioni”.

1) Fissa un alto livello di competenza, senza compromessi. “E’ buona regola assumere chi è più bravo di te”.

2) Trova i candidati per conto tuo. “Chiedi al tuo referente che ha la rete di relazioni più estesa (networked) di spendere più tempo nella caccia alle migliori candidature”.

3) Fissa criteri e controlli nella stima oggettiva dei candidati. “Riguarda periodicamente gli appunti sul recrutamento e confrontali con il lavoro che i neoassunti stanno svolgendo per valutare l’effettiva qualità dell’assunzione”.

4) Scegli candidati con una motivazione a entrare in squadra. Mettilo a confronto con i grandi che hanno lavorato a Google e le cui fotografie si è provveduto a esser mostrate nell’ufficio. “Metti in chiaro perché il tuo lavoro è importante e fai provare al candidato la sensazione che si prova a diventare come le straordinarie figure con cui lavorerà”.

Riferendo la nuova bibbia di Google, Daniel Freedman sul Wall Street Journal inizia così il suo articolo (di cui Federico Rampini dà conto, senza citarlo, su Repubblica): “Avviso a chi cerca lavoro e a chi assume personale. Dopo molti esperimenti, errori e test, Google ha scoperto che il sistema tradizionale per scegliere il personale, selezionando i curriculum, intervistando i migliori e quindi assumerli, non fa emergere i migliori candidati”.

Daniel Freeman cita Laszlo Bock in questi desolanti termini:

La storia lavorativa del candidato non conta. Non conta l’abilità a risolvere indovinelli e nemmeno mostrare una buona cultura generale, anche se è molto importante. Il migliore sistema per vedere se uno avrà successo è vedere come se la cava, in un esperimento pratico di lavoro. Questo vale tanto per un lavoro al livello più basso, tipo call center quanto se il candidato è un tecnico esperto di Apple: un’azienda deve vederti in azione. Per esempio, vedere come un candidato mantiene la calma mentre è affrontato da un cliente furibondo o vedere come sa risolvere un intricato problema di codifica. (Daniel Freedman, Wall Street Journal).

Il fatto è che affidarsi a recrutatori terzi ha fatto il suo tempo, specie a Google: chiedi una persona intelligente e curiosa capace di proporre soluzioni nuove e quelli ti portano semplicemente uno competente in quello che sta facendo. Gli exexutives dovrebbero tener a mente il fatto che Google spende molto più tempo delle altre compagnie nel recruiting ma poi risparmia rispetto alle altre nel tempo dedicato all’addestramento: ai candidati top ne serve poco. Ed è una buona misura della qualità del lavoro fatto sulla scelta dei candidati.