Ignazio Visco: “Rigidità imprese/sindacati il freno”. Bonanni: “Parla a vanvera”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Marzo 2014 - 13:10 OLTRE 6 MESI FA
Ignazio Visco: "Rigidità imprese/sindacati il freno". Bonanni: "Parla a vanvera"

Ignazio Visco: “Rigidità imprese/sindacati il freno”. Bonanni: “Parla a vanvera”

ROMA – Ignazio Visco: “Rigidità imprese/sindacati il freno”. Raffaele Bonanni: “Parla a vanvera”. “Rigidità legislative, burocratiche corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco rifacendosi alle parole di Guido Carli, durante la celebrazione del centenario della nascita dell’economista alla Luiss.

La ricostruzione storico/economica non è piaciuta al segretario della Cisl Raffaele Bonanni, secondo il quale “ci sono alte autorità che spesso parlano a vanvera, fanno di ogni erba un fascio”. Aggiungendo che spesso sono loro, riferito alle alte autorità come il governatore della Banca d’Italia, il problema perché gridano “allo sfascio e stanno diventando loro gli untori del populismo italiano”.

E a dire il vero, le parole di Ignazio Visco appaiono ben peggio di come le ha inquadrate Raffaele Bonanni: c’è un atteggiamento di di diniego della realtà che dà i brividi. Come si fa a ignorare una recessione mondiale che ha portato al fallimento alcune delle più grandi banche del mondo e delle più grandi industrie del mondo? E l’azione della Banca d’Italia e del Governo che hanno strozzato il credito e quindi soffocato le imprese cui ora Visco sembra volere addossare ogni colpa, ignorando le proprie?

Ma cosa ha detto esattamente Visco? Riassumendo: sono note le cose da fare, si conosce l’entità e la diagnosi sulla “ferita” dell’economia italiana ma “lacci e lacciuoli”, di tipo corporativo, sindacale e imprenditoriale frenano le riforme ineludibili.

È di evidente attualità l’analisi di Guido Carli nelle Considerazioni finali del 1971, sulle quali si volse il mio esame con Federico Caffè: la nostra economia ha subito una ferita: né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore. Occorrerà che durante un certo intervallo temporale si realizzino incrementi della produttività in modi compatibili con i più progrediti assetti che si mira a stabilire nella vita aziendale. (Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia)

L’Italia è ferma, in sintesi, perché non ha saputo raccogliere la doppia sfida della rivoluzione tecnologica dell’informazione e della globalizzazione. Abbiamo accumulato un ritardo storico. Il paragone con l’Italia che riuscì ad intercettare il boom del dopoguerra, è impietoso rispetto agli ultimi 25 anni.

Nella seconda metà del secolo scorso questo processo aveva conseguito rilevanti progressi: il reddito pro capite dell’Italia, in rapporto a quello degli Stati Uniti, era pari a poco più del 25 per cento nel 1946, aumentò fino a superare il 70 per cento all’inizio degli anni novanta; da allora si è ridotto a meno del 60 per cento. (Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia)

E se ieri lo spettro era l’inflazione oggi è il suo opposto, il ristagno e la deflazione.