Ilva, Taranto. Resta la confisca: 1 miliardo di euro fermo sulle banchine

Pubblicato il 6 Dicembre 2012 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA
Ilva, Taranto: un miliardo di euro di prodotti finiti resta confiscato e “parcheggiato” sulle banchine

TARANTO – L‘Ilva può tornare ad utilizzare gli impianti dell’area a caldo, dissequestrati con il decreto del Governo ma tutti i prodotti finiti già lavorati prima del 3 dicembre restano confiscati. Tra politica (il decreto del Governo) e magistratura, la situazione all’Ilva è questa: riparte la produzione con le cautele imposte dai magistrati, restano a terra migliaia di pallet  (i bancali di legno) pieni di bobine d’acciaio, laminati, lamiere destinati  alla vendita. E in un settore che lavora con il modello “just in time”, cioè senza scorte, la penuria di beni prodotti avrà un impatto devastante.

“La mancanza di acciaio in misura così rilevante avrebbe effetti pesanti e costosi per intere filiere di trasformazione”, afferma Sergio Cofferati su Blitzquotidiano. A cominciare dagli stabilimenti di Genova-Cornigliano, con tutti i rischi per i possibili risvolti sociali, per i quali le prefetture sono già in stato di allarme. Facciamo il punto sulla vicenda, in attesa che il Gip si pronunci oggi (6 dicembre) sulla questione capitale dello sblocco della confisca sui prodotti.

Dopo poco più di quattro mesi l’Ilva torna materialmente in possesso degli impianti dell’area a caldo sequestrati il 26 luglio nell’inchiesta per disastro ambientale, ma la situazione in fabbrica resta a dir poco problematica. La Procura ha restituito gli impianti all’azienda, applicando quanto indicato nel decreto legge varato il 3 dicembre, precisando che resta fermo il vincolo del sequestro. Ma ha detto ‘no’ alla richiesta aziendale di riavere anche i prodotti finiti e semilavorati (1.800 tonnellate) pronti per essere commercializzati e giacenti sulle banchine dell’area portuale, sequestrati il 26 novembre.

“La legge non è retroattiva” hanno scritto i pubblici ministeri, ricordando che quei beni sono stati prodotti ‘contra legem’ e sono frutto di reato. Il parere negativo è stato girato al gip Patrizia Todisco che dovrà decidere nelle prossime ore. Ma intanto all’Ilva è emergenza per gli approvvigionamenti, che scarseggiano, mentre in rada i mercantili attendono di imbarcare prodotti finiti o di scaricare materie prime. Ogni giorno che passa per l’Ilva è una ferita aperta in più, con le controstallie da pagare agli armatori per le soste delle navi che si protraggono e la produzione che stenta a decollare.

L’Area Imbarchi, peraltro, è tra le più danneggiate dal tornado del 28 novembre: alcune gru sono fuori uso, il quarto sporgente è sotto sequestro per l’incidente costato la vita ad un operaio nel giorno del tornado. Tutto questo è stato oggetto di un incontro azienda-sindacati protrattosi fino a sera: l’autonomia produttiva del colosso siderurgico è di meno di una settimana, nello stabilimento di Genova (area a freddo) ancora meno. Le prefetture delle due città sono preoccupate per possibili ripercussioni sul piano sociale e dell’ordine pubblico.