Riforma catasto, l’Imu che verrà: quanto pagherai, ingiustizie attuali

Pubblicato il 26 Marzo 2012 - 10:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Alla rivoluzione Imu che impone già nuovi aumenti sostanziosi nelle tasse sugli immobili, manca un pezzo, la riforma del catasto. Le abitazioni non saranno più misurate con i vani ma utilizzando il parametro dei metri quadrati a valori di mercato aggiornati ogni triennio. Per dire, la nuova Imu è sì rivalutata ma considera ancora le stime catastali basate sui valori di mercato del biennio 1988/89. Per ora, grazie alla rivalutazione del 60% del valore delle case, la previsione di gettito fiscale per lo Stato si attesta a 21,4 miliardi di euro: con la riforma il gettito resterà invariato ma la maggiore adesione degli imponibili ai valori di mercato sanerà le ingiustizie distributive attuali, che sono ancora rilevanti. Il Sole 24 Ore offre un viaggio conoscitivo sul catasto che verrà.

Per intenderci, il Fisco sarà in grado di tassare come meritano gli appartamenti in zone centralissime e di pregio considerati stamberghe e invece trasformati in loft di lusso nelle grandi città. Appartamenti “sfortunati”, pieni di stanze pagano molto di più di quelli meno suddivisi ma con identica superficie. Nelle grandi città, le fluttuazioni di mercato, a volte hanno fatto registrare aumenti fino a 10 volte il valore di mercato calcolato più di venti anni fa. Mentre in provincia, la rivalutazione del 60%, spesso ha allineato valori fiscali e valori di mercato.

Esempi: un bilocale di 65 mq in città, usato come prima casa, inserito attualmente in categoria A/3 di 4 vani catastali. A Roma costerebbe 422 mila euro sul mercato ma al catasto ne risultano 112 mila: oggi paga 251 euro di Imu, domani ne pagherebbe 183 in più, ovvero 434. Stessa cosa a Milano a valori di poco più bassi. Vediamo cosa succede per tn trilocale in provincia di 90 mq., in zona semicentrale usato come prima casa, inserito in categoria A/2, di 6,5 vani catastali. A Termini Imerese (Pa) e Ercolano (Na) si aggira adesso tra i 70 e gli 80 mila euro il valore catastale, a petto di un valore di mercato tra i 95 e i 115 mila euro: con la riforma a regime i proprietari non pagherebbero l’Imu, scontata di un centinaio di euro che pagano oggi.

A Tivoli, vicino Roma gli importi sarebbero abbastanza vicini rispetto alla valutazione dell’immobile (catasto 188 mila, mercato 209 mila) ma fra qualche anno il proprietario pagherebbe solo 114 euro rispetto ai 556 euro attuali. Per fare un esempio opposto trasferiamoci a Madonna di Campiglio: nella famosa località sciistica il valore catastale di un bilocale cui si applica al momento l’Imu è di 87 mila euro, mentre a volerla acquistare è necessario scucire mezzo milione di euro: al momento un proprietario paga di Imu 663 euro, con il nuovo catasto ne dovrebbe pagare 867 in più, per arrivare a 1530 euro.

Il problema è che la necessaria riforma del catasto andrà a regime, se tutto va bene, tra qualche anno. Nella fase attuale dobbiamo accontentarci di qualche “toppa” a sperequazioni notevoli. Il Nuovo catasto edilizio (Nceu) nel frattempo è invecchiato: basato, appunto sue stime del 1989, ha subito una rivalutazione delle rendite del 5% a partire dal 1997 con il Governo Prodi, fino al 60% con cui l’Imu del Governo Monti ha alzato al 60% i moltiplicatori per calcolarne gli importi. L’evoluzione del mercato in questi anni non è stata uniforme: in molti casi la classificazione degli immobili  non è stata revisionata dopo la costruzione  e ci sono case classificate come povere che negli anni scorsi sono state riqualificate.

Oltre all’uso del metro quadrato, la riforma prevede l’attribuzione a ogni unità immobiliare di un “significato” preliminare che distingua, per esempio, le vie dei negozi del centro dai quartieri residenziali. L’introduzione di “microzone”, a Milano ne sono state individuate 59, fornirà una mappa più veritiera del valore di mercato degli immobili: sempre a Milano, attualmente, sono solo tre le zone censorie. Chi sta cercando di orientarsi per capire quanto pagherà di Imu quest’anno spesso ha la sgradevole sorpresa di vedersi assegnate quote contributive più alte addirittura dei valori di mercato. Succede in provincia, specie nelle zone rurali, dove a piccoli alloggi o stalle fatiscenti o case coloniche in precario stato di conservazione pagano più di un monolocale a via dei Giardini o Parco della Vittoria (per usare il Monopoli come riferimento).

Ma anche nelle grandi città è possibile incontrare fenomeni sfuggiti a un catasto fermo a venti anni fa: appartamenti che considereremmo da Vicolo Stretto o Vicolo Corto scontano l’appartenere a quartieri una volta di un qualche pregio storico o industriale che nel frattempo hanno subito un vero degrado socio-economico che è il primo fattore a influenzare il valore di mercato. Quel declassamento sarà intercettato dal nuovo catasto. Intanto paghiamo la nuova Imu ben sapendo che i criteri applicati consentono sì di “salvare” i conti dello Stato, ma che i lavori in corso  per tagliare le disparità dureranno non si sa fino a quando. Senza contare l’aleatorietà con cui i Comuni disporranno gli aumenti delle aliquote per sanare i propri bilanci.