ROMA – L’Iva no, ma la benzina sì. Scongiurato, anzi sterilizzato come si usa dire oggi l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, tra le pieghe della manovra prossima ventura spunta l’aumento del carburante. Non subito però, ma modulato dal 2021 al 2024.
Si tratta di una promessa per ora, o di una minaccia a seconda di come la si intende, ma che rappresenta già una mezza ipoteca. Mentre il maxi-emendamento tende, come quasi sistematicamente accade, a rendere più digeribili le stangate presentate, limando aliquote e abbassando le nuove imposte come succede, ad esempio, per le auto aziendali, va in direzione assolutamente opposta sul fronte accise. E dal 2021 potrebbe tradursi in una stangata su benzina e diesel.
Nelle pieghe di uno degli emendamenti alla manovra presentati dal Governo, c’è infatti una voce che vuole maggiori entrate da queste ‘fonti’ per 868 milioni per il 2021, 732 milioni di euro per il 2022, 1,5 miliardi per il 2023 e 1,2 miliardi a partire dal 2024. Una bella cifra anche se a partire dal 2021, perché rimane invece in vigore la sterilizzazione della clausola sulle accise per il prossimo anno. Un anno di tempo dunque, con appuntamento alla prossima manovra nella speranza che questa spada di Damocle, ennesima, venga anche lei sterilizzata, resa inoffensiva. Ad uscire malconci dal maxi-emendamento depositato in commissione Bilancio al Senato, che vale quasi 1,7 miliardi, oltre ai carburanti, anche le società concessionarie dello Stato che si trovano non un’ipoteca ma addirittura un conto già per l’anno in corso.
Il correttivo contiene un ulteriore aumento dell’Ires rispetto alla prima ipotesi della Robin Tax: del 3% anziché del 2%. Nel testo dell’emendamento si legge che “l’aumento del 3% dell’Ires riguarderà i concessionari autostradali, ma anche chi gestisce gli aeroporti, i porti, lo sfruttamento di acque minerali, la produzione o distribuzione di energia elettrica, le ferrovie, le frequenze radiofoniche, radiotelevisive e delle comunicazioni”. Aumento del 3% che sarà, anzi è, retroattivo, in deroga allo statuto del contribuente. L’emendamento prevede infatti che si applichi anche al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. Di conseguenza, l’imposta maggiorata sarà dovuta per gli anni 2019, 2020 e 2021.
Va meglio invece alle già citate auto aziendali e alla plastica. La Plastic Tax sarà alleggerita con il dimezzamento del prelievo, che scende da 1 euro a 50 centesimi al chilo. Mentre la stretta sulle auto viene allentata con la riduzione dell’attuale fringe benefit al 25% sulle vetture con emissioni di CO2 inferiori a 60 g/km e al 30% su quelle superiori a 60 g/km e inferiori a 160 g/km. Per i veicoli con emissioni inquinanti superiori a 160 g/km e inferiori a 190 g/km la percentuale diventa del 40% nel 2020 per poi salire al 50% dal 2021 mentre per tutte le auto superiori a 19p g/km scatta il 50% il prossimo anno e il 60% dal 2021. Confermata poi l’esenzione per tutti i contratti in essere. La rimodulazione della tassazione sulle auto aziendali scatterà per i contratti stipulati dopo il prossimo 30 giugno 2020. I tempi sono stretti e, anche se la Conferenza dei capigruppo di palazzo Madama è stata costretta a posticipare di quasi una settimana, dal 3 dicembre a lunedì 9, l’approdo in Aula del testo, manca ormai solo un week end prima del voto su cui il Governo porrà con ogni probabilità la fiducia.