Lavoro, a fine 2017 addio ai bonus per i lavoratori assunti: sindacati temono tagli

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Agosto 2017 - 15:08 OLTRE 6 MESI FA
Lavoro, a fine 2017 addio ai bonus per i lavoratori assunti: sindacati temono tagli

Lavoro, a fine 2017 addio ai bonus per i lavoratori assunti: sindacati temono tagli

ROMA – Stop ai bonus per i lavoratori assunti nel 2015. La bolla degli incentivi statali sta per scoppiare e a fine 2017 i sindacati temono l’arrivo di un’ondata di tagli per almeno 150mila persone.

Claudia Marin su Quotidiano.net scrive che la manovra approvata nel 2015 ha introdotto il “bonus contributivo triennali integrale” per le assunzioni a tempo indeterminato, uno sgravo di circa 8mila euro l’anno a lavoratore, cioè i contributi previdenziali che sarebbero stati a carico del datore di lavoro:

“Sempre nel 2015, dagli inizi di marzo, è venuto meno, con il nuovo contratto a tutele crescenti, anche l’articolo 18 dello Statuto: il che significa che gli assunti da quella data in avanti (anche nelle imprese con più di 15 addetti) possono essere licenziati pagando un’indennità proporzionata all’anzianità di lavoro. Il risultato di tutto questo è che, via via che scadranno i tre anni, dal gennaio e fino al dicembre 2018, le imprese si troveranno a dover pagare contributi pieni per ogni assunto: un incremento secco tra 25 e 30% del costo del lavoro.

Stiamo parlando di circa un milione e 579mila rapporti di lavoro con bonus, stipulati nel corso del 2015: circa 403mila derivanti da trasformazioni di contratti a tempo determinato, più di un milione come assunzioni ‘nuove’, anche se con una rilevante componente di ex cocopro e partite Iva. Un esercito di lavoratori sostanzialmente privi della copertura dell’articolo 18 e che, dunque, possono o potrebbero anche essere licenziati per motivi economici”.

I sindacati ora temono un licenziamento di massa, dato che già la fine degli incentivi aveva segnato un calo delle assunzioni:

“i nuovi contratti sono crollati e quelli avviati sono stati in larghissima maggioranza a termine. Il che confermerebbe il valore del bonus per i datori di lavoro. Senza contare – si insiste – che licenziare un lavoratore senza articolo 18 è oggettivamente più agevole rispetto al licenziamento di un lavoratore tutelato dalla vecchia norma”.

Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, il Centro studi fondato da Marco Biagi, ha spiegato:

“Dobbiamo aspettarci un boom di licenziamenti nell’anno 2018, alla fine della decontribuzione? Lo vedremo nei fatti, personalmente non credo. Se un datore di lavoro ha assunto personale, pur vivendo un momento di incertezza sul futuro, convinto dalla decontribuzione, ha già proceduto ai licenziamenti se non ha ricevuto le commesse sperate: non si mantengono in forza lavoratori a cui non si sa cosa far fare solo per la decontribuzione.

Chi invece non è convinto del valore della persona assunta – aggiunge – non ha ragioni per aspettare tre anni ad interrompere il rapporto: più passa il tempo, più l’indennità da riconoscere all’ex dipendente sarà alta in caso di contenzioso perso”.

I fattori da tenere in conto sono due: l’andamento dell’economia e l’investimento in capitale umano che è stato fatto:

“E, dunque, in caso di scenario positivo dell’economia, non c’è ragione di dismettere un investimento, anche con il venir meno del bonus. Ma se domanda e commesse dovessero calare, il datore di lavoro, dovendo scegliere chi licenziare, potrebbe orientarsi più facilmente a sfavore di coloro che sono stati assunti con l’esonero e con il contratto a tutele crescenti. Il rischio, dunque, c’è tutto. E può assumere proporzioni allarmanti: sarà bene correre ai ripari per tempo”.