Lavoro, Istat-Inps: più occupati, più disoccupati, più precari. Renzi: merito del Jobs Act

di Edoardo Greco
Pubblicato il 1 Agosto 2016 - 14:29 OLTRE 6 MESI FA
Lavoro, Istat-Inps: più occupati, più disoccupati, più precari. Renzi: merito del Jobs Act

Lavoro, Istat-Inps: più occupati, più disoccupati, più precari. Renzi: merito del Jobs Act

ROMA – Più occupati, più disoccupati e più precari: sul lavoro in Italia e le conseguenze del Jobs Act dati in apparente contraddizione fra loro vengono fuori dalle ultime comunicazioni di Istat e Inps.

L’ultimo in ordine di tempo è l’Istat. Che ci spiega come gli occupati crescano a giugno per il quarto mese consecutivo. La disoccupazione giovanile scende al livello più basso da quasi quattro anni, il 36,5%, e diminuiscono gli inattivi, le persone che non hanno lavoro e non lo cercano. Al tempo stesso, il tasso di disoccupazione risale all’11,6% dall’11,5% di maggio, spinto verso l’alto dagli ex-scoraggiati che tornano alla ricerca, ci sono ancora quasi 3 milioni di disoccupati e frena la creazione di posti di lavoro stabili.

Negli ultimi dati Istat ce n’è abbastanza, da un lato, per portare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a esultare su Twitter e, dall’altro lato, per compattare le opposizioni, che denunciano il fallimento delle politiche del governo. “Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l’Istat certifica più di 599mila posti di lavoro. Sono storie, vite, persone. Questo è il Jobs Act”, scrive il premier. “71mila occupati in più sul mese precedente, 329mila in più in un anno e 600mila in più da quando siamo al governo – rilancia il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – sono risultati straordinari”.

Dal Movimento Cinque Stelle ribattono i portavoce delle Commissioni Lavoro della Camera e del Senato: “Abbiamo un presidente del Consiglio che esulta perché l’occupazione è aumentata dello 0,1% e perché il lavoro è più precario. Siamo veramente alla frutta”. Sulla stessa linea, il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, attacca: “Renzi esulta sui dati Istat ma non vede Eurostat, che conferma come il tasso di disoccupazione in Italia a giugno è di un punto e mezzo più alto rispetto alla media della zona euro (10,1%)”.

Si levano voci critiche anche dalla minoranza Pd, con il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, che indica come, se la tendenza del secondo trimestre “si dovesse confermare, diminuirebbe la qualità dell’occupazione e riprenderebbe vigore il lavoro precario”. Damiano chiede quindi di rendere strutturali gli incentivi e limitare fortemente l’utilizzo del lavoro atipico, a partire dai voucher.

Anche il sindacato, come la politica, si divide nell’interpretazione di questi dati. Il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan, legge positivamente le ultime statistiche, “forse non basta, va fatto di più e non bisogna fermarsi, ma quando il dato positivo è positivo”, afferma. Meno ottimistica è la posizione del segretario confederale della Uil Guglielmo Loy che tira un “leggero sospiro di sollievo” per la crescita dell’occupazione ma sostiene che il taglio degli incentivi alle assunzioni sembra aver portato a “un sostanziale fermo” dell’occupazione dipendente e domanda se il boom dei lavoratori indipendenti (+78 mila in un mese) non sia una nuova ripresa del lavoro “fittiziamente autonomo”.

Ancora più dura, la Cgil bolla come “inefficace” il Jobs act, con il segretario generale Susanna Camusso chiede di “aggredire” il tema della disoccupazione, e propone di inserire nella prossima legge di stabilità un piano straordinario per l’occupazione di donne e giovani e di sbloccare il turn over nel pubblico impiego. Dal fronte delle aziende, infine, l’osservatorio della Cna sul mercato del lavoro indica come una forte spinta alla crescita del lavoro arrivi dagli artigiani, dalle micro e piccole imprese dove l’occupazione è cresciuta del 2,5% nel primo semestre nonostante il calo del 9,3% della assunzioni a tempo indeterminato.

Come abbiamo visto crescono gli occupati e i disoccupati. Crescono però anche i precari. Il 19 luglio scorso l’Inps aveva rilevato che nei primi cinque mesi del 2016 sono stati stipulati 712.007 contratti a tempo indeterminato (comprese le trasformazioni) mentre le cessazioni, sempre di contratti a tempo indeterminato, sono state 629.936 con un saldo positivo di 82.071 unità. Il dato – spiega l’osservatorio Inps – è peggiore del 78% rispetto al saldo positivo di 379.282 contratti stabili dei primi cinque mesi 2015 e risente della riduzione degli incentivi per le assunzioni stabili. Il dato è peggiore anche del 2014 (+122.188 posti stabili in cinque mesi).

In particolare, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nei primi cinque mesi del 2016 sono stati 544.621 (erano stati 825.089 nel corrispondente periodo del 2015), mentre le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine sono state 128.875 (204.595 nei primi cinque mesi del 2015) e quelle di apprendisti 38.511 (34.242 nei primi cinque mesi del 2015). Le cessazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 629.936 (684.644 nello stesso periodo del 2015). La variazione netta per i contratti stabili è stata dunque pari a 82.071 unità a fronte delle 379.282 del periodo gennaio-maggio 2015. Il calo, spiega l’Inps, è da ricondurre al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui queste assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Con la legge di stabilità 2016 invece l’agevolazione prevede l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (sempre esclusi i premi Inail) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio dalla data di assunzione.

Il saldo annualizzato (vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) a maggio 2016 risulta positivo (+514.000) anche se inferiore rispetto al valore massimo registrato a dicembre (+616.000). Lo rileva l’Inps, aggiungendo che per i contratti a tempo indeterminato il saldo annualizzato a maggio 2016 è pari a +621.000.

Nel periodo gennaio-maggio 2016 sono stati venduti 56,7 milioni di voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto ai primi cinque mesi del 2015, pari al 43,0%. Lo rileva l’Inps, sottolineando che nello stesso periodo del 2015 la crescita dell’utilizzo dei voucher, rispetto al 2014, era stata pari al 75,2%.

Complessivamente le assunzioni attivate dai datori di lavoro privati nel periodo gennaio-maggio 2016 risultano 2.076.405, con una riduzione di circa 263.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-11,2%). Le cessazioni, sempre nel complesso dei rapporti di lavoro subordinato, sono invece state 1.640.858 e risultano diminuite dell’8,9% nel confronto con i primi cinque mesi del 2015. Nel periodo, dunque, la variazione netta dei rapporti di lavoro subordinato è stata positiva per 435.547 unità, dato inferiore del 19% rispetto al +537.864 del corrispondente periodo del 2015.