I licenziamenti in Europa: indennità e coperture ma il reintegro mai

Pubblicato il 20 Marzo 2012 - 16:46 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il nodo al centro della trattativa tra governo e sindacati resta l’articolo 18. L’esecutivo guarda al modello nord europeo e, in particolare, a quello tedesco. Ma come si licenzia in Europa? La formula più accreditata è quella che garantisce più flessibilità, ma anche più tutela ai singoli lavoratori. In tutti i paesi, se il licenziamento è per motivi economici, sono previste molte forme di tutela, tra risarcimenti e indennità, ma il reintegro mai. Ecco come è organizzato il mercato del lavoro, paese per paese:

GERMANIA – Fra il 2003 e il 2005 è stato profondamente riformato il mercato del lavoro e reso molto più flessibile. I disoccupati sono diminuiti, dai 5 milioni del 2006 si è passati ai 2,7 del 2011. Il sussidio di disoccupazione (67% dell’ultimo stipendio netto) è concesso per un anno dopo la perdita del posto. Dopo si ricevono altri sussidi: 680 euro per un appartamento (inclusi 374 euro calcolati per vivere) e l’assicurazione sulla salute. Il licenziamento è più facile per le imprese con meno di 10 dipendenti. Per le altre va giustificato. I contratti a tempo determinato possono essere rinnovati fino a due anni e per non piu’ di tre volte.

GRAN BRETAGNA – I contratti di lavoro si dividono in ‘employment’ (rende il lavoratore un dipendente) e ‘services’ (regola uno scambio di prestazioni, chi lo firma resta di fatto in proprio). Non esiste la contrattazione collettiva nel settore privato e sempre meno nel pubblico. Esistono clausole che proteggono dal licenziamento senza giusta causa: il lavoratore può fare ricorso al tribunale e chiedere un indennizzo. In caso di riduzioni collettive del personale per ragioni economiche, l’azienda deve garantire al lavoratore un indennizzo.

FRANCIA – I licenziamenti individuali sono più facili che in Italia. Il lavoratore cacciato senza giustificato motivo ha diritto solo ad un risarcimento (minimo sei mesi di stipendio). Il licenziamento per motivi economici è possibile solo in caso di chiusura o trasformazione dell’attività, come nel caso di fallimento o di ristrutturazione. Il datore di lavoro ha però l’obbligo di proporre all’impiegato misure di riconversione e di riqualificazione prima del licenziamento. Quanto ai sussidi per la disoccupazione, sono finiti i tempi delle vacche grasse. I beneficiari sono infatti sottoposti a regole molto più stringenti rispetto al passato, con l’obbligo di dimostrare con estrema regolarità che sono alla ricerca di un lavoro.

DANIMARCA – Il modello della cosiddetta “flexicurity” (fusione dalle parole inglesi “flexibility” e “security”) dà alle aziende margini più ampi per licenziare i propri dipendenti rispetto al resto dell’Unione, ma offre ai dipendenti una maggiore tutela. Il lavoratore licenziato percepisce il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno di disoccupazione, l’80% per il secondo, il 70% per il terzo e il 60% per il quarto. L’azienda paga il sussidio e aiuta il lavoratore a trovare un nuovo lavoro, con corsi di formazione. Il modello ha portato la Danimarca ad avere un basso livello di disoccupazione.

SPAGNA – Il dipendente a tempo indeterminato può essere licenziato anche senza giusta causa. L’azienda è tenuta solo a versargli un risarcimento, che la riforma del mercato del lavoro varata dal governo Rajoy in febbraio ha ridotto di molto: 20 giorni invece di 45 per anno di lavoro (per 12 anni al massimo) per le imprese in difficoltà, 33 per le altre (per 24 anni al massimo invece di 42).