Lo scudo fiscale è legge. La legge del “quant’è”?. Sui soldi si può delinquere. Show dell’Idv: “Napolitano non firmi”

Pubblicato il 1 Ottobre 2009 - 14:34 OLTRE 6 MESI FA

I deputati dell’Idv di Di Pietro l’hanno buttata in spettacolo: coppola, sigaro e fazzoletto sul voto si vestono da “mafiosi” davanti a Montecitorio per gridare, a loro modo, a quella che credono sia la vera natura dello scudo fiscale: un favore alla criminalità, un’autorizzazione di Stato alla ripulitura del denaro sporco. Scenografia, dentro la quale l’Idv cala la sua mossa politica: chiedere al capo dello Stato di non firmare la legge. Ancora una volta Di Pietro e i suoi, indipendentemente dalla bontà o meno delle ragioni che accampano, mostrano di dimenticare quali sono i poteri del presidente della Repubblica in Italia. Tra questi non c’è quello di bloccare le leggi che fa il governo e il Parlamento, a meno che non siano palesemente anticostituzionali. Una legge, anche se ingiusta, il capo dello Stato non può per questo bloccarla.

Resta il fatto dello scudo fiscale, fatto che si traduce in un voto di fiducia chiesto dal governo sul provvedimento. Scudo fiscale vuol dire che chi ha portato illegalmente soldi all’estero può farli rientrare puliti pagando il cinque per cento della somma rientrata. Se avesse pagato le tasse, in media avrebbe pagato il quaranta per cento. Dunque lo sconto è del 35 per cento. Non solo, è garantito l’anonimato. Non solo, gli eventuali reati finanziari attraverso i quali si è costituito il capitale poi sottratto al fisco sono sanati e cancellati. Non solo, non c’è obbligo di trattenere in Italia i capitali fatti rientrare: si paga il 5%, si puliscono i soldi e poi, volendo, si possono riportare fuori.

Perché il governo, Tremonti e Berlusconi, vogliono lo scudo? Perché hanno bisogno di almeno cinque miliardi per pagare cassa integrazione ai molti e crescenti disoccupati, per pagare i rinnovi dei contratti del pubblico impiego e per altre esigenza di cassa pubblica, cassa esangue. Dice dunque il governo: meglio pochi, maledetti e subito piuttosto che niente. Si aggiunge un’altra motivazione: molti imprenditori, rimasti a secco di capitale per la stretta creditizia, useranno lo scudo e lo sconto, monetario e giudiziario, per rifinanziare l’azienda con soldi freschi e puliti.

Quali saranno gli esiti economici  dello scudo si vedrà. Dovrebbero essere notevoli. Infatti governo e maggioranza hanno detto chiaramente che l’aggiunta di una sanatoria anche giudiziaria rende appetibile lo scudo. Altrimenti, hanno ammesso, sarebbe stato un “suicidio” per gli evasori che, rientrando, avrebbero risparmiato denaro sugli anni passati ma d’ora in poi sarebbero stati messi in condizione di pagarle le tasse. Così accade infatti in Germania, Gran Bretagna e Usa, che pure hanno varato i loro “scudi”. Ma con percentuali diverse di penale monetaria, dal 10 al 50 per cento del dovuto e, soprattutto, senza anonimato e spugna sui reati commessi. Val la pena di ripeterlo: altrove si consente il rientro ma si creano le condizioni perché chi ha evaso, rientrando, non possa evadere più. In Italia no, in Italia questo viene percepito e dichiarato, anche dal ministro del Tesoro, “suicidio” da cui tenere al riparo l’evasore.

Nasce, anzi si sviluppa, comunque nel nostro paese una nuova concezione e cultura della legalità: l’atto illegale, sia fiscale che finanziario, viene di fatto depenalizzato e “tabellato”. Con modico prezzo, comunque con un prezzo monetario il singolo si “compra” la possibilità di delinquere. Una legalità la cui domanda fondante non è più: si può o non si può, ma quant’é?