Manovra, appello delle imprese al governo: “Le norme sul fisco sono violazioni”

Pubblicato il 4 Luglio 2010 - 12:46 OLTRE 6 MESI FA

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La manovra del governo non piace alle imprese, che si appellano a Berlusconi e Tremonti affinché “vengano modificate queste norme, che, nella formulazione attuale, costituiscono violazioni gravi dei diritti dei contribuenti e nulla hanno a che fare con il contrasto all’evasione”.

Confindustria e Rete Imprese Italia, che riunisce Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confesercenti, hanno lanciato un allarme congiunto su alcune norme fiscali della manovra economica (su compensazione debiti-crediti e su limiti a rimborsi fiscali) che rischiano di creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere “conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese”.

In una nota congiunta è scritto che Confindustria e Rete Imprese Italia “ribadiscono le preoccupazioni già espresse nei giorni scorsi, in merito alle misure contenute nella manovra finanziaria relative alla riscossione (art. 38) e alla compensazione dei debiti e crediti fiscali (art.31)”.

Le norme sono altamente tecniche e sono state introdotte indicandole come misure anti-evasione. Ma le imprese ritengono che siano troppo decise e mettano in difficoltà soprattutto le Pmi: Inoltre, le soluzioni finora indicate non sarebbero sufficienti ad evitare problemi per le imprese: “La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l’amministrazione non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni. Se passasse questa norma, il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dall’amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate”.

Per le imprese italiane, hanno spiegato, “ciò non è accettabile, darà luogo a contenziosi, anche in punto di legittimità costituzionale, in molti casi porterà a conseguenze irreparabili, specie per le piccole e medie imprese. Per rimediare al problema  occorre che la sospensiva duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado”.

L’altra misura “che desta allarme riguarda il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 euro). Come si è già fatto osservare, il divieto di compensazione può essere imposto, ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo.

Nel testo dell’articolo 31 si fa invece riferimento a debiti “iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori” e si omette la qualificazione “definitivo”. “Stupisce ed allarma – dicono le confederazioni industriali e imprenditoriali – il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti. Si ribadisce infine che le sanzioni previste nel caso di violazione del divieto di compensazione (il 50% dell’importo indebitamente compensato) sono del tutto sproporzionate”.