ROMA – Decontribuzione “permanente” per chi assume giovani e niente taglio dell’Irpef. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha tracciato ieri i contorni della prossima manovra attesa per l’autunno, svelando le caratteristiche principali che questa avrà. A partire proprio dagli sgravi fiscali per le nuove assunzioni, ancora da definire, ma che lo stesso titolare dei conti pubblici italiani ha detto essere “permanente”, cioè per sempre, per tutta la vita lavorativa del giovane assunto.
In due diverse interviste il ministro Padoan ha raccontato ieri, ai microfoni di SkyTg24 e al quotidiano di Confindustria il Sole24Ore, quello che gli italiani devono aspettarsi dalla prossima manovra d’autunno. E se chi si aspettava o almeno sperava in un taglio dell’Irpef è rimasto e rimarrà deluso, la legge di bilancio sarà caratterizzata infatti da “risorse molto limitate”, con margini stretti e da indirizzare alle misure da concentrare sulle misure pro-occupazione – ha sottolineato Padoan -, un’importante novità, per certi versi inattesa, arriverà invece dalla misure a sostegno dell’occupazione. Era nell’aria infatti uno ‘sconto’ per chi assume giovani, ma i contorni dello sconto che ha tracciato il ministro sono per alcuni versi più ampi delle attese.
“Il capitolo chiave – scrivono Marco Mobili e Gianni Trovati sul Sole24Ore – sarà quello intitolato al lavoro, con la decontribuzione ‘permanente’, come da definizione di Padoan, del carico fiscale e contributivo per i giovani neo-assunti. Proprio per il suo carattere strutturale, la misura oggi al centro di diverse ipotesi tecniche avrebbe costi importanti, e soprattutto crescenti negli anni con l’aumentare della platea interessata. Per questa ragione, la discussione si concentrerà soprattutto sui confini delle assunzioni ‘incentivabili’, che secondo i progetti di Via XX Settembre dovranno comprendere solo gli ingressi con contratti stabili”.
Vale a dire che così come è stato tratteggiata da Padoan la decontribuzione riguarderà solo i contratti stabili, e cioè a tempo indeterminato, cercando così di porre un argine al boom di contratti a termine registrato ad ogni analisi statistica, e sarà per sempre. Caratteristica questa che rende ovviamente particolarmente oneroso l’impegno per le casse pubbliche, ma che dovrebbe anche disincentivare i datori di lavoro dal mettere fine a dei rapporti lavorativi con caratteristiche così vantaggiose.
Altro capitolo importante, anzi importantissimo visto il peso specifico che ha, è quello che riguarda le famigerate clausole di salvaguardia e il loro ‘disinnesco’. Senza un nuovo intervento infatti lo scattare di queste porterebbe all’11,5% l’aliquota agevolata oggi al 10% e al 25% quella ordinaria ora al 22 per cento. Il monte di risorse necessarie ad evitare questo si attesta oggi intorno ai 15,3 miliardi. Ed una mano aggiuntiva dovrebbe poi arrivare dal via libera europeo a una correzione dei conti più leggera rispetto agli otto decimali (13,5 miliardi) previsti dai documenti di finanza pubblica. L’Italia ha chiesto di ridurre il tutto a tre decimali (5 miliardi), e un’apertura è già arrivata da Bruxelles, ma il conto reale si farà solo in autunno, con l’invio del progetto di bilancio, anche se una stima realistica ipotizza oggi una spesa di 9 miliardi per evitare gli aumenti.
Infine la voce contratti pubblici e relativi rinnovi. A completare il quadro della manovra ci sono infatti una serie di misure “obbligate” per chiudere una serie di partite aperte e non rinviabili. A partire proprio da quella relativa al rinnovo contrattuale dei dipendenti pubblici. Le trattative vere e proprie inizieranno a settembre, ma per garantire gli 85 euro medi decisi con l’accordo del 30 novembre scorso servono almeno 1,2 miliardi.
Queste le voci ‘grosse’ della manovra che andrà confezionata dopo l’estate. Ma ci sono anche altre voci anticipate da Padoan, come la possibile estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica, oggi in vigore per i fornitori della Pa, anche ai rapporti commerciali fra privati. La misura, che andrà fatta digerire a professionisti e piccole imprese, ha bisogno di una deroga da parte della commissione alle regole Iva, che oggi vietano l’obbligo generalizzato di e-fattura. Il percorso, però, è avviato, e segue lo stesso sentiero già tracciato con la doppia mossa sullo split payment. E poi, per provare ad aggredire il grande malato italiano rappresentato dal gap di produttività, c’è in cantiere l’idea di una nuova proroga dell’iper-ammortamento al 250% che potrebbe estendere l’agevolazione anche ai software; oggi questo tipo di acquisti è aiutato dal super-ammortamento al 140%, che a fine anno dovrebbe concludere la sua corsa.
Il conto finale per gli italiani dovrebbe aggirarsi sui 15 miliardi. Non una manovra ‘monstre’ quindi, grazie anche all’aiuto che arriva dal Pil. Praticamente tutte le stime sono concordi nel disegnare un ritmo del Prodotto intero lordo 2018 superiore all’1% indicato dall’ultimo Def. Cosa che lascerebbe un margine di manovra più ampio a Padoan e al governo.