Marcegaglia: “La crisi ha bruciato 700 mila posti di lavoro”. Sostegno alla manovra, ma con riserva

Pubblicato il 27 Maggio 2010 - 10:53| Aggiornato il 2 Giugno 2010 OLTRE 6 MESI FA

Emma Marcegaglia

La manovra economica “contiene misure che Confindustria chiede da tempo. Perciò diamo pieno sostegno alla linea di rigore del ministro dell’Economia”.

Così la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dal palco dell’assemblea annuale davanti al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che avverte: “Mancano interventi strutturali per incidere sui meccanismi di formazione della spesa pubblica” e “servono riforme per rilanciare lo sviluppo”.

Capire il perchè dell’apprezzamento dell’operato di Tremonti da parte della Marcegaglia, a fronte di rilievi che non sono né superficiali né rinviabili, è arduo. Il galateo istituzionale può giustificare, forse, la ritrosia del capo di Confindustria a criticare apertamente un premier, Berlusconi, che non più tardi di un mese fa l’aveva proposta come ministro dello Sviluppo.  Oppure può aver gradito le misure in extremis che defiscalizzano i premi di produttività dei dipendenti privati che guadagnano fino a 40 mila euro.

Anche senza entrare nel merito dei provvedimenti approvati e avallati da Confindustria, appare evidente come questa finanziaria allarghi il divario tra dipendenti pubblici, stipendi bloccati e decurtazioni, e i dipendenti privati, che comunque godono di un’attenzione privilegiata da parte del Governo. Un divario che trova la sua plastica rappresentazione nell’Italia a due velocità. Il Nord dell’impresa diffusa e il Sud dell’impiego pubblico. Nella finanziaria appena licenziata si può leggere in filigrana la volontà di difendere gli interessi prioritari della compagine che l’ha formulata. Hanno vinto insomma, su tutta la linea, la Lega e l’alleato più fedele, Giulio Tremonti. Il partito del Nord mena la danza, con buona pace degli oppositori interni, i finiani radicati a Roma nei ministeri e degli oppositori esterni, quel Pd che più su di Bologna è spesso il terzo partito più forte.

La crisi ha bruciato 700 mila posti di lavoro. Tra i temi affrontati c’è poi la crisi economica, che ha fatto perdere al Paese rispetto al primo trimestre 2008 “quasi sette punti di Pil e oltre 700 mila posti di lavoro”. Il ricorso alla cassa integrazione – dichiara la Marcegaglia – è aumentato di sei volte e la produzione industriale é crollata del 25%, tornando ai livelli di fine 1985: 100 trimestri bruciati”.

Occorre passare “dalla divisione alla condivisione” per dare all’Italia una “grande riscossa nazionale” ribadisce poi la presidente di Confindustria, che chiede di unire le forze del Paese per dargli “un’Italia capace di stare a testa alta nel mondo. “La lenta crescita è per noi la vera emergenza nazionale” sottolinea inoltre la presidente di Confindustria, secondo la quale “se la maggioranza dovesse ridursi, per litigi e divisioni, all’impotenza allora non potrà esserci maggior crescita e si chiuderebbe nell’insuccesso la lunga promessa della politica del fare”.

Gli interventi da mettere in atto sono tanti. “La spesa pubblica italiana deve diminuire di almeno un punto di Pil l’anno per i prossimi tre anni” avverte la leader degli industriali, che sottolinea: “Nessuna voce è intoccabile. Occorrono tagli alle stipendi pubblici, aumenti dell’età effettiva di pensionamento, revoca delle false invalidità, tagli alla sanità”.

“La politica riduca i suoi privilegi”. Per Confindustria, poi, se si chiedono sacrifici al paese allora la politica deve essere la prima a dare l’esempio e ridurre “per prima ed energicamente i suoi privilegi”. “E’ arrivato il momento nel quale i politici italiani, dal Parlamento e giù giù sino all’ultima comunità montana, taglino i propri stipendi e le dotazioni per le loro segreterie e collaboratori, disboschino esenzioni e agevolazioni – ha sottolineato Marcegaglia – la sforbiciata data con la Finanziaria agli enti e ai costi della politica è sacrosanta ma è solo un buon inizio”. La diminuzione del 10% delle indennità dei membri del governo, guardata da un’ottica internazionale, è a suo giudizio, “un timido esordio”.

“E’ assolutamente opportuno -ha aggiunto – che vi si adeguino gli organi costituzionali. Le rinunce devono essere fatte da tutti”. La presidente chiede dunque una razionalizzazione delle Province “il cui numero, secondo i programmi del governo, doveva diminuire. Ne è stata annunciata l’eliminazione di 10 di esse. È un inizio ma è troppo poco”. Critiche anche ai ruoli nelle società pubbliche locali, oltre 25mila: “Sono soprattutto questione di potere, distribuzione di cariche, elargizione di compensi, clientelismo, e a lungo andare, di vera e propria corruzione”.

Il messaggio di Napolitano. Agli industriali è giunto poi il videomessaggio del capo dello Stato Giorgio Napolitano, che ha ribadito l’esigenza di una politica condivisa: “Compio ogni sforzo, come è mio dovere, per rappresentare e valorizzare quel che unisce l’Italia, ha dichiarato il Capo dello Stato, affinchè ciò prevalga su ogni esasperazione di pur legittime distinzioni di interessi e di posizioni politiche. Occorre una maggiore consapevolezza, in tutte le sfere sociali e in tutte le parti politiche, della portata delle sfide che l’Italia è chiamata ad affrontare insieme con l’Europa”.

Napolitano ha sottolineato che in questo momento “sono in gioco non solo esigenze particolari, settoriali e immediate ma scelte di medio e lungo periodo, cui è legato il futuro del paese e delle giovani generazioni e che richiedono perciò il massimo di comprensione e- senza soffocare la dialettica della vita democratica- di condivisione, almeno nell’individuare obiettivi e grandi linee da perseguire con la necessaria coesione e continuità”.