Manovra, tagli, conti pubblici: l’estate decisiva di Tremonti

Pubblicato il 19 Giugno 2011 - 11:13 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un’estate di tempo, tre mesi, per convincere le agenzie di rating, i mercati, l’UE. Il nuovo allarme lanciato da Moody’s, che segue di poche settimane quello di Standard and Poor’s, detta i piani al ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Il ministro pensa infatti alla manovra triennale che presenterà al Consiglio dei ministri del 29 giugno, con la speranza che, nella situazione attuale, non debba faticare troppo per convincere Silvio Berlusconi e i suoi colleghi ministri a piegarsi alla linea del rigore.

Approvare la manovra triennale sui conti pubblici per portare il deficit da oltre il 4% attuale a zero nel 2014, varare il progetto di una riforma fiscale che dia respiro alla crescita, almeno sul lungo periodo, garantendo al tempo stesso l’equilibrio del bilancio, queste le mosse per evitare di finire come la Grecia.

Ma le avvisaglie politiche non fanno presagire un esito positivo per la riuscita dell’operazione. Tra i ministri da settimane serpeggia silenziosamente una forte preoccupazione per la nuova tornata di tagli alla spesa e alcuni esponenti del governo hanno già messo le mani avanti. Roberto Maroni, titolare del ministero dell’Interno, ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, chiedendo un miliardo di euro aggiuntivo, rispetto agli stanziamenti attuali del bilancio di cui dispone il Viminale, per garantire il funzionamento della macchina amministrativa e della sicurezza.

Anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è pronto a mettere sul piatto qualche risparmio sui costi preventivati delle nuove operazioni in Libia, assecondando anche le esigenze politiche della Lega, ma nello stesso tempo pretende garanzie, da poter spendere con gli alleati, sul finanziamento di tutte le altre missioni di pace all’estero. Renato Brunetta, ministro della Funzione Pubblica, continua a mostrare il pugno di ferro agli statali, ma assicura che il congelamento dei contratti non proseguirà oltre il 2013.

Al tempo stesso la Cisl, la Uil, la Confindustria, le cooperative, gli artigiani, i commercianti, e soprattutto una buona parte dei parlamentari della maggioranza, premono per la riduzione del carico fiscale. La Lega Nord ha rotto gli indugi e, delusa dalla prudenza dell’esecutivo a cui imputa la sconfitta nelle elezioni amministrative, si è schierata decisamente a fianco dei sindacati dialoganti che ora minacciano lo sciopero generale.