Maria Rita Lorenzetti, ex presidente dell’Umbria, entra nelle Ferrovie in regime Berlusconi e provoca pensieri inquietanti

Pubblicato il 29 Agosto 2010 - 16:20 OLTRE 6 MESI FA

Un presidente di Regione lascia la carica per fine mandato e non è rieleggibile. Non se ne parla nemmeno di tornare all’antico mestiere, sarebbe un balzo nel passato con atterraggio troppo poco confortevole. Allora qualcuno dal partito chiama il capo supremo di ima immensa azienda pubblica e gli chiede aiuto. Dalle retrovie salta fuori una piccola società, del gruppo Ferrovie dello Stato, dove la poltrona di presidente aspetta solo di essere occupata.

Vien da pensare subito: quel Verdini ne sa una più del diavolo.

Ma questa volta l’aspirante gran burattinaio della P3 sembrerebbe innocente, a meno che…

Vediamo bene la notizia. La regione è l’Umbria. La rossa Umbria.

L’ex presidente si chiama Maria Rita Lorenzetti, ha 62 anni, si è laureata in Filosofia a 21 anni ed è entrata subito nell’organico della provincia di Perugia. Ma ci ha lavorato poco: già nel ’75 la Lorenzetti, militante del Pci,diventa consigliere comunale e assessore a Foligno e sindaco nell’84. Deputato dall’87 per tre legislature e presidente dell’Umbria per due, esce dall’arena politica con le regionali del 2010.

Un cursus onorum eccellente, con anche un periodo romano di prestigio, che farebbe della Lorenzetti un eccellente ministro. Ma capo di un’azuenda di engeneering? Sono ammesse perplessità?

Però è accaduto che dal 5 agosto 2010nla società Italferr abbia un nuovo presidente, nella persona di Maria Rita Lorenzetti.

La Italferr, scrive il settimanale il Mondo, è una società di ingegneria del gruppo Ferrovie dello Stato, che opera sul mercato italiano e internazionale nel campo dell’ingegneria dei trasporti ferroviari, alta velocità e in genere progetti innovativi. Il fatturati di tanta azienda è di 196 milioni di euro, una fortuna per ciascuno di noi per generazioni, ma poco se si pensa al captive market delle ferrovie italiane.

Il posto di presidente le è stato ceduto dal capo supremo delle ferrovie pubbliche italiane, Mauro Moretti, che teneva l’interim non come Berlusconi fa e farebbe per essere l’unico ministro, ma proprio in attesa di un manager di provata esperienza. Non sembra essere il caso con la Lorenzetti, però, ci rassicura il Mondo, l’azienda sembra essere nelle solide mani dell’amministratore delegato Renato Casale, appena tornato, ci informa un comunicato aziendale, da un fondamentale incontro svoltosi a Istanbul il 2 e 3 luglio, rovinandosi il week end per presentare i fasti della peraltro quasi inesistente alta velocità italiana.

Niente di male, francamente. C’è un vecchio militante che va sistemato, perché obiettivamente tornare a fare l’impiegata in Provincia sarebbe un eccessivo balzo all’indietro e andare in pensione vale per gli altri ma non per i politici. Nel giro delle poltrone nelle disponibilità di un partito c’è sempre qualche incarico e una presidenza come quella dell’Italferr non appare molto complessa da ricoprire.

Ci sono però alcuni pensieri fastidiosi che ti tormentano come incubi. Il primo è che queste cose sapevi che le faceva la destra, erano robe da P3. Ma se le fa la sinistra è un’altra cosa?

Il secondo è che destra o sinistra la trasparenza dei criteri di scelta deve essere un requisito fondamentale per tutte le cariche.

In politica contano i voti o talvolta altre qualità che a Berlusconi è capitato incautamente di esaltare.

Nelle aziende i criteri seguiti per le nomine di vertice devono essere e sono resi noti ai soci in assemblea. Nelle società a capitale privato l’assemblea è il luogo principe, cui si aggiungono tutte le altre informazioni previste dalla legge.

Nelle società in cui l’azionista di controllo sono tutti i cittadini, attraverso lo Stato, una informazione corretta e precisa sui criteri di scelta è il minimo che ci si debba aspettare. Invece ringraziate se vi dicono che l’hanno fatto.

C’è poi un terzo pensiero più angoscioso di tutti e riguarda gli intrighi e gli intrichi del potere. Le Ferrovie dello Stato sono controllate senza dubbio dal Governo. Vero è che Moretti, l’amministratore delegato, è stato nominato in epoca Prodi, ma è sopravvissuto al regolamento di conti post elettorale berlusconiano.Qui nasce un primo dubbio perché o Berlusconi e i suoi pitreisti non sono così cattivi come ce li vogliono rappresentare, oppure sono dei gran distrattoni che non si accorgono che un pericoloso ex sindacalista di sinistra sta a capo delle Ferrovie con la stessa nonchalance con cui Epifani tra qualche anno potrebbe sostituire Marchionne alla Fiat. Oppure ancora Berlusconi e il suo sistema di potere hanno fatto accordi precisi con Moretti, in termini spartitori, perché di questo poi parlano i politici quand si occupano del bene pubblico.

Ma come entra la Lorenzetti in tutto questo? Si tratta di un blitz di Moretti sotto il naso di Berlusconi e soci? Vuoi che non ci sia uno in tutto il Pdl o nella Lega che non se ne sia accorto?

Ma se la nomina è avvenuta col placet di Berlusconi o dei suoi, cosa si nasconde dietro quel placet?

Che contropartite hanno promesso al Pdl berlusconiano Bersani o il suo mandante D’Alema?

Ce n’è abbastanza per essere agitati. Invece conviene stare calmi, perché intanto quelli continuano a fare i fatti loro, ormai nemmeno la paura delle retate li frena più.