Mario Draghi presidente della Bce? Una grande illusione italiana

Pubblicato il 14 Febbraio 2011 - 13:32 OLTRE 6 MESI FA

Mario Draghi

FRANCOFORTE – Quella che Mario Draghi diventi il prossimo presidente della Banca centrale europea rischia di diventare l’ennesima grande, forse non tanto pia, illusione italiana.

Non tanto “pia” perché i primi a sperarci sono Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti, che non vedono l’ora di trovare per Draghi un futuro prestigioso ma soprattutto al di là delle Alpi.

Il motivo è più o meno lo stesso: depennare il secondo nome nella lista dei possibili premier. Il primo è quello dell’attuale presidente del Consiglio, che così potrebbe ben dire che dopo di lui non ci sarebbero alternative. Il terzo nome in lista è il ministro dell’Economia, che con Draghi spedito in Europa si ritroverebbe primo candidato in lizza per prendere in mano il Governo in un eventuale 26 luglio dell’era Berlusconi.

All’endorsement mai compatto come questa volta delle istituzioni italiane verrebbe in soccorso anche la rinuncia a candidarsi di Axel Weber, presidente della Deutsche Bundesbank, cosa che al momento lascia la Germania della Merkel senza un proprio uomo da proporre. Allora l’esito “migliore in assoluto sarebbe che Merkel indicasse Draghi come il proprio candidato”, suggerisce il Financial Times, autorevolissimo quotidiano economico, ma… Ma voce e interprete di una nazione gelosa della sterlina quanto estranea alle questioni geopolitiche delle istituzioni monetarie europee.

Quindi poco contano le pur indiscutibili valutazioni del FT: che Draghi sia “economista esperto che conosce il sistema finanziario globale dall’incarico svolto come presidente dell’Fsb e abituato a trattare con uomini politici difficili”. Oppure che candidare l’italiano significherebbe “voler inviare un potente segnale di unità, tra nord e sud, centro e periferia”.

La verità è che il passaporto pesa, che far succedere a un “Jean-Claude (Trichet)” un “Mario” significherebbe sostituire uno già ritenuto “meridionale” con uno ancora più “meridionale”. Invece per i vertici della Bce c’è tanta voglia di “settentrione”. La verità è che – il caso D’Alema dovrebbe avercelo abbondantemente insegnato – l’Italia in Europa è, eufemisticamente, un “peso-piuma”. Ma, oltre alla discriminante anti-meridionale, anti-mediterranea e anti-italiana, c’è anche il fatto che il profilo del prossimo chairman si dovrà avvicinare più a quello di un politico abile a mediare fra i tanti galli nell’euro-pollaio che a quello di un tecnico che si barrica dietro i numeri e dietro i nein. E il punto di forza di Draghi, ovvero quello di essere un tecnico, si dimostrerebbe l’ultimo e non il meno importante dei suoi (tanti) punti deboli nella corsa alla presidenza della Bce.