Le mire di Mediobanca e Credit Mutuel agitano i dipendenti-soci di Bpm

Pubblicato il 9 Giugno 2011 - 13:12 OLTRE 6 MESI FA

Massimo Ponzellini (Foto LaPresse)

ROMA – “Siamo sotto attacco, c’è un disegno per portarci via la banca”: sarebbe questo, secondo quantoscrive Alessandro Graziani sul Sole 24 Ore, il timore diffuso tra i dipendenti-soci della Banca Popolare di Milano.

A far nascere questa paura alcuni eventi degli ultimi tempi: le sanzioni della Consob ai dirigenti, il fascicolo sul collocamento del prestito convertendo aperto dalla Procura di Milano, la relazione “durissima” della Banca d’Italia dopo la sua ispezione, e la reazione della Borsa, dove, da inizio anno, Bpm ha perso più del 35 per cento. E dopo il calo di ieri, 8 giugno, dell0 1,9 per cento, ora la capitalizzazione è scesa a 700 milioni.

Ad aggravare il tutto c’è la situazione al vertice. Il presidente Massimo Ponzellini, a dieci mesi dalla scadenza del proprio mandato, non ha più il favore dei sindacati interni, gli stessi che due anni fa lo avevano scelto per sostituire Roberto Mazzotta.

Ma neppure i sindacati sono uniti. A novembre si vota, in banca, per il rinnovo dell’Associazione Amici della Bpm, il parlamentino sindacale finora sempre maggioritario in assemblea, e che, ad aprile 2012, deciderà sul nuovo consiglio di amministrazione. A campagna elettorale già iniziata il clima è all’insegna della competizione.

E’ di poche settimane fa l’addio a Bpm del direttore generale Fiorenzo Dalu, che se n’è andato su pressioni del sindacato dei dipendenti-soci, lasciando il posto all’ex condirettore generale Enzo Chiesa, che si trova a dover affrontare l’aumento di capitale da 1,2 miliardi in agenda per settembre, il piano industriale, la fusione delle controllate Cari-Alessandria e Banca di Legnano, il taglio dei costi per compensare la diluizione dell’utile per azione derivata dall’aumento di capitale.

Ma per i sindacati, scrive Graziani, la vera emergenza è la svolta sulle deleghe di voto ai soci non dipendenti imposta da Bankitalia. Il 25 giugno la misura sarà all’ordine del giorno nell’assemblea straordinaria dei soci. Gli Amici della Bpm sono contrari.

Lo scontro è tra chi sostiene che gli Amici della Bpm dovrebbero chiedere di bocciare l’aumento delle deleghe e chi invece pensa che un rifiuto sarebbe un “atto di guerra” a Bankitalia. Oltretutto un voto contrario potrebbe avere come conseguenza le dimissioni dell’intero cda.

L’aumento delle deleghe è temuto perché, secondo i sindacati, con cinque deleghe ai non dipendenti si potrebbero creare i presupposti perché associazioni esterne prendano il controllo della banca. Realizzando proprio l’ipotesi tanto tenuta.

Con 2mila nuovi soci iscritti e cinque deleghe, in assemblea possono arrivare 10mila voti, che possono battere quelli dei dipendenti-soci mobilitati dal sindacato.

A far paura è il possibile ruolo di Mediobanca nel consorzio di garanzia dell’aumento da 1,2 miliardi con la conseguente emissione di azioni. I vertici di piazzetta Cuccia negano un interesse. Stessa negazione da parte della Sator di Matteo Arpe, da mesi indicato come interessato a intervenire da azionista-manager per impostare il piano di risanamento della Bpm insieme al team di ex manager Capitalia che lo hanno seguito in Banca Profilo.

A seguire tutta la vicenda con un certo interesse ci sono poi i francesi di Credit Mutuel, che detengono il 5 per cento del capitale di Bpm e il 7,5 per cento della Banca di Legnano. Hanno preteso di essere nel consorzio di garanzia dell’aumento di capitale e, in caso di inoptato, aumenteranno la quota.