Mediobanca ottimista: nei primi mesi del 2010 ci sono le basi della ripresa

Pubblicato il 10 Agosto 2010 - 11:14 OLTRE 6 MESI FA

Nei primi sei mesi del 2010 si possono riconoscere le basi per la ripresa e sperare che questo traini anche l’occupazione. E’ il messaggio che si può ricavare dall’indagine 2010 dell’ufficio studi di Mediobanca sui dati cumulativi di 2.025 imprese italiane e in particolare dalle tendenze mostrate dalle semestrali. Le informazioni analizzate sono quelle fornite dalle società quotate (e che rappresentano il 30% del campione oggetto dell’indagine). Le voci del conto economico mettono in evidenza un recupero di un terzo del fatturato, sottolinea l’ufficio studi di Mediobanca, e un recupero piu’ che proporzionale dei margini, di circa due terzi. Nel valutare queste variazioni, precisano però gli economisti, bisogna considerare che il primo semestre 2009 aveva coinciso con il momento peggiore della crisi e pertanto le variazioni calcolate tendono ad essere relativamente elevate.

Nel 2009, infatti, l’anno in cui si sono fatti sentire piu’ massicciamente gli effetti della crisi, sono diminuite le societa’ in utile e sono aumentate le societa’ in perdita. Dall’analisi dei risultati d’esercizio l’indagine ‘Dati cumulativi di 2025 imprese’ dell’ufficio studi Mediobanca ha messo in evidenza che le societa’ in utile erano 1.467 nel 2008 e solo 1.319 nel 2009. Le societa’ in perdita erano 580 e sono diventate 706 nel 2009. Complessivamente ci sono stati 6.143 milioni di utili in meno e 3.665 milioni di perdite in piu’. Il risultato netto dell’aggregato e’ pari a 16.915 milioni (-9.809 milioni rispetto al 2008) e trae origine da 28,8 miliardi di utili cui si sono contrapposte 11,9 miliardi di perdite.

La crisi ha colpito ma le imprese non sono state ferme. Le economie realizzate hanno consentito di contenere la caduta dei margini. I ricavi, sempre in crescita dal 2000 hanno continuato a crescere anche nel 2008, a volte grazie ad aggressive politiche di prezzo, e sono bruscamente caduti nel 2009. La crisi nei margini invece era gia’ stata scontata nel 2008 (-20%) e nel 2009 il calo e’ stato contenuto. Inoltre, sottolineano gli economisti di Piazzetta Cuccia, la crisi ha colpito nel punto della serie storica in cui i margini erano piu’ alti (7,7) e li riporta a livello di pochi anni prima.

Secondo lo studio di Mediobanca la crisi ha avuto tra le sue più dure conseguenze un forte ridimensionamento della forza lavoro. Alla fine del 2009 ci sono 36.357 dipendenti in meno. Per la prima volta nel triennio 2007-2009 anche le medie imprese (fatturato inferiore a 330 milioni di euro e meno di 500 dipendenti) hanno ridotto gli organici (-1.713) ma la flessione piu’ importante e’ quella registrata dalle imprese a controllo estero (-12.856). Come gia’ evidenziato dai dati Istat e’ calata inoltre la produttivita’ (-8,8% secondo i dati Mediobanca). Il valore dei beni prodotti e’ caduto dell’11,6% perche’ – spiega l’ufficio studi di Piazzetta Cuccia – al calo di produttivita’ si e’ aggiunto un cedimento dei prezzi nell’ordine del 3 per cento.

Le imprese, attraverso il ridimensionamento del lavoro straordinario e l’utilizzo della cassa integrazione, hanno ridotto il costo unitario del lavoro (-3,3%) ma l’effetto e’ stato parziale. I margini sono caduti di oltre 8 punti che, aggiunti ai 6 dell’anno precedente, portano a oltre 14 punti percentuali il conto della crisi in termini di minor competitivita’. Un ammontare pari a tutti i guadagni netti di efficienza realizzati nel quinquennio 2003-2007.

Nel 2009 la pressione media fiscale sulle imprese italiane e’ stata calcolata al 29,2%, ma sui 4/5 delle imprese censite nella pubblicazione di Mediobanca ‘Dati cumulativi di 2.025 societa’ italiane’, la pressione e’ superiore e si spinge fino a punte dell’80%. In Italia, contrariamente agli altri Paesi, vige l’Irap (imposta regionale sulle attivita’ produttive) che colpisce non il reddito netto prima delle imposte ma il valore aggiunto prodotto dall’impresa. Poiche’ il valore aggiunto risulta dalla differenza tra ricavi e costi d’esercizio prima di dedurre interessi attivi e passivi e, soprattutto , prima di dedurre il costo del lavoro, una quota del tributo grava idealmente su valori diversi dal reddito puro d’impresa, producendo – sottolineano gli economisti di Mediobanca – effetti potenzialmente discriminatori.

Dall’indagine Mediobanca emerge che ”le societa’ che subiscono pressioni superiori sono l’80% del totale. In tale sottoinsieme il 40% subisce una pressione tra il 29,2% e il 40%, il 33% si colloca tra il 40% e il 60% ed il restante 27% segna un tax rate superiore al 60% con punte oltre l’80% nella meta’ dei casi”. Le disomogeneita’ riguardano anche i limiti inferiori, visto che piu’ della meta’ di quel 20% di imprese che subisce un tax rate inferiore alla media generale presenta incidenze al di sotto del 18,5 per cento. La pressione, sottolinea l’ufficio studi Mediobanca, aumenta con l’aumentare dell’importanza del fattore lavoro e diminuisce al crescere della quota dei profitti sul valore aggiunto.