Troppe tasse, troppa spesa, troppo spread: in ansia fino a fine giugno

Pubblicato il 1 Giugno 2012 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Rieccoci sull’altalena drammatica dello spread: in mattinata ha toccato i 490 punti il differenziale tra i rendimenti dei Btp italiani e il bund tedesco. Parliamo di rendimenti del titolo italiano in zona 6%, la Spagna della crisi bancaria è al 6,5%, oltre il 7% serve l’aiuto di altri paesi altrimenti è default. Fino al vertice Ue di fine giugno prepariamoci a un  altro mese di passione. La situazione al momento è interlocutoria, tutti i dati indicano pioggia e tempesta. Un esempio: ha toccato un nuovo record il costo per assicurarsi dal rischio di bancarotta dell’Italia. I credit default swap sul debito italiano sono saliti a 575 punti, secondo i dati di Markit. Nuovo record anche per la Spagna, i cui Cds sono saliti a 609 punti.

Dentro il perimetro del triangolo Draghi-Visco-Monti, intanto rimbalza la palla impazzita di una risposta urgente e definitiva per risolvere una crisi che vede l’impetuosa risalita dello spread, l’incognita che ritorna sulla sostenibilità del debito con i rendimenti dei titoli al 6%, con la crescita zero e la disoccupazione, dati di oggi, che vola al 10,9%. Tagliare le spese, tagliare le tasse, i vertici del triangolo sono d’accordo. Lo ha ripetuto ieri il Governatore Ignazio Visco nelle sue considerazioni davvero “finali”: anche il prossimo sarà un anno di recessione, perderemo l’1,5% del Pil, cala la produzione industriale, ristagna il credito…C’è un barlume di speranza per la fine dell’anno ma solo a patto, appunto, di tagliare tasse e spese. Il fatto è che i problemi dell’Italia non sono circoscritti a quel perimetro del triangolo. Servirebbe più Europa ripetono tutti e tre. Se si guardasse all’Europa come a un’entità davvero unitaria non ci sarebbero allarmi sulla sua tenuta monetaria, dice Visco. Servono ulteriori passi avanti per l’integrazione economica, altrimenti qualsiasi sforzo è velleitario, conferma Draghi. La Germania rifletta profondamente, ammonisce Monti, intendendo il dispiegamento veloce del fondo salva-Stati per arrestare il contagio e promuovere la crescita.

L'”ellenizzazione” dell’Europa prosegue, la Spagna è l’epicentro di un nuovo e potenzialmente più distruttivo contagio: si sapeva, la bolla immobiliare c’era, era enorme e ha dispiegato i suoi effetti conosciuti. Le banche iberiche hanno accumulato un’esposizione verso il real estate di circa 320 miliardi di euro e secondo l’Institute of international finance, potrebbero dover sopportare ulteriori perdite legate al mattone di 260 miliardi nei prossimi due anni. Bankia, come ha sottolineato ieri anche il governatore della Bce, Mario Draghi, è l’esempio di come i Governi abbiano “sottovalutato la gravità del problema”. I rendimenti dei bonos oscillano pericolosamente intorno al 6,5%: il 7% è la soglia oltre la quale Grecia, Irlanda e Portogallo hanno dovuto chiedere l’aiuto internazionale. E intanto i capitali in fuga da Madrid ammontano a 100 miliardi.

La questione è, come al solito, politica, di politica europea, cui mancano, evidentemente, leader all’altezza e una visione di lungo respiro. Un orizzonte di almeno dieci anni, come avvenne nel ’92, ricorda Draghi. Il presente è sconfortante. Dopo una riunione informale a beneficio di opinione pubblica cui i mercati hanno dato il peso che sappiamo, tutti in maglioncino raccolti intorno a Obama il 19 maggio, la conference call dell’altro ieri è stata un fallimento clamoroso. Tutti sulle loro posizioni, i nein reiterati di Angela Merkel a ogni proposta suonano come un pericoloso de profundis per l’euro. Mario Monti, come Obama, come Francois Hollande sono rimasti sconcertati, la tedesca è irremovibile, lei i soldi dei governi (leggi i soldi della Germania) per salvare la Spagna non ce li mette. Non spende per acquistare collaterali di banche morte e sepolte. E stavolta, che ci fosse Obama, era un dettaglio per lei trascurabile. Nein.