Monti: “Riforma del lavoro? Tutta colpa di un sindacato”. Cgil ricorre in Europa

Pubblicato il 24 Gennaio 2013 - 13:00| Aggiornato il 6 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

DAVOS – Tutta colpa di “un sindacato”? Mentre il premier uscente Mario Monti rinnova il suo attacco alla Cgil che “ha ostacolato l’azione riformatrice” del suo governo, il sindacato guidato da Susanna Camusso ricorre al Consiglio d’Europa per i diritti.

Monti prende la parola a Davos, in Svizzera, davanti ai grandi della terra riunitisi al World Economic Forum e punta il dito contro le forze della “vecchia politica”, Cgil in testa. La riforma del lavoro, ha affermato, “non è andata avanti abbastanza per colpa di un sindacato che ha resistito al cambiamento e non ha firmato l’accordo che gli altri sindacati hanno firmato”. La Cgil, ha ribadito il professore, “è considerevolmente resistente al cambiamento” e ha impedito al ministro Fornero di fare di più.

Intanto, una nota della Cgil, informa che il sindacato si è rivolto al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa presso il quale ha presentato un ricorso collettivo perché venga monitorato il rispetto della Carta sociale europea che sancisce tra l’altro il diritto al lavoro e alla rappresentanza sindacale.

Ma mentre il Professore parla ai leader di tutto il mondo del freno posto da “un sindacato” alla sua riforma del mercato del lavoro, l’Europa non resta a guardare. La Commissione europea è passata al secondo step nella procedura di infrazione contro l’Italia per la mancata applicazione della direttiva Ue sulla rappresentanza sindacale per i contratti di lavoro a tempo determinato: dando all’Italia due mesi di tempo per adeguare le norme su rappresentanza sindacale.

L’esecutivo di Bruxelles ha inviato un “avviso motivato” che dà due mesi di tempo per comunicare le misure adottate per la trasposizione integrale della legge europea del 1999. La direttiva prevede che i lavoratori con contratto a termine siano presi in considerazione per il calcolo dei rappresentanti sindacali. Le norme italiane prevedono che si tenga conto solo dei contratti con durata superiore a nove mesi.

Secondo una nota della Commissione “ciò implica che i lavoratori con contratti di durata inferiore non sono presi in considerazione nel calcolo necessario a determinare se un’impresa è sufficientemente grande per dover avere organi di rappresentanza sindacale”. “Se l’Italia non rispetterà i due mesi concessi la Commissione potrebbe decidere di deferire il nostro Paese davanti alla Corte di Giustizia Ue”.