Euforia e realtà. Monti ha vinto o è solo un’illusione? Da Il Manifesto

Pubblicato il 5 Luglio 2012 - 17:17 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti

ROMA – E’ stato davvero un successo quello di Mario Monti reduce dal vertice europeo o il ritorno del “vincitore”  sa di agiografia anticipata a mezzo stampa? E’ utile soffermarsi su qualche riflessione apparsa su Il Manifesto per dirimere la questione o perlomeno constatare, e qui non sono utili canti di vittoria, che risposte alla crisi non ce ne sono, che le alchimie finanziarie non sopperiscono alla latitanza della politica (“paracetamolo per evitare il crollo delle Borse del lunedì, sostiene Sergio Cesaratto riportando le impressioni meno addomesticate dal Consiglio Europeo).

Per Mario Pianta, che risponde subito all’interrogativo, Monti ha colto un risultato perché ha rafforzato la sua posizione in Italia e restituito al Paese una normalità diplomatica in Europa, ha concluso poco o nulla sulla crescita perché la direzione resta quella di sempre.

“Non si è parlato di tassare le transazioni finanziarie e a Monti va bene così; lo stesso sui soldi per salvare le banche; l’unica preoccupazione del governo è non dover pagare un conto troppo salato per i tassi d’interesse sul debito pubblico. Ma lo strumento scelto è rassicurare i mercati, non limitarne le attività speculative”.

Sia pur virtuosamente raggiungendo il pareggio di bilancio, al prezzo di tagli alla spesa pubblica e nuove tasse, il rapporto Pil/debito pubblico resterà sempre al 125% a fine anno. Saremo sempre un piatto appetitoso per la speculazione. E blandire una tantum i mercati può suscitare l’effimera euforia del venerdì scorso, ma rappresenta un argine davvero precario alla speculazione sui titoli di stato. Ai tassi attuali pagheremmo’ alla fine del 2012, 95 miliardi di interessi sul debito, il 12% dell’intera spesa pubblica.

Separare l’euforia dalla realtà svela le tante “Illusioni e contorsioni”, secondo Mario Pianta, alla base dell’equivoco che fa apparire una vittoria quella che sembra una resa alle ragioni della finanza,cui non è stato torto un mignolo, nonostante gli altissimi costi procurati agli stati nazionali e all’Unione tutta.

“Da quando è scoppiata la crisi l’Europa ha dato alle banche 4500 miliardi di soldi pubblici e liquidità della Banca centrale; come notava ieri Anna Maria Merlo su questo giornale, si tratta di un terzo del Pil europeo. In cambio di queste enormi risorse non è stata introdotta la minima condizionalità: niente proprietà pubblica, nessuna divisione tra banche d’affari e commerciali, niente priorità al credito a famiglie e imprese, niente divieto di transazioni ad alto rischio, nessun limite ai derivati, niente stop ai pagamenti stratosferici dei banchieri, niente tasse armonizzate sulla finanza. Nulla di tutto questo sta nell’annuncio dell’unione bancaria tra i paesi euro decisa a Bruxelles.”

Tra le illusioni, la più grande è quella di “un’Europa che si sforza di trasmettere l’immagine di «fare qualcosa» dentro la paralisi dell’assetto istituzionale europeo” dice Pianta. Con il corredo di altre illusioni che concorrono alla composizione del miraggio mediatico: Hollande che fa l’affare accettando una miseria per la crescita al prezzo della firma francese sul fiscal compact, Monti trionfante perché per accedere al salvataggio salva-spread potrà non gridare aiuto trojka, ma limitarsi a sottoscrivere un memorandum d’intesa, così i mercati non se ne accorgono…

Ma qui siamo già nel campo delle contorsioni, a partire da quelle per cui fiorisce una selva di acronimi e denominazioni alle misure salva-spread a quella massima che trasfigura l’istituzione Europa in “un animale che finirà per assomi­gliare ancora più ai mercati e me­no alla democrazia”.