Crollo di un mito: Moody’s verso il declassamento di Usa e Gran Bretagna. La tripla A non è più scontata

Pubblicato il 18 Agosto 2010 - 09:59 OLTRE 6 MESI FA

L’agenzia di rating Moody’s (agenzia che giudica fra l’altro le emissioni obbligazionarie degli Stati) ha preannunciato un  possibile declassamento per Usa e Gran Bretagna: in pratica i due Paesi stanno per perdere il loro voto massimo indicato con la tripla A, un evento inedito, che segnala come lo stato di sofferenza delle proprie economie non sia ancora terminato. Il report sottolinea l’eccessiva mole del deficit e l’esiguità della crescita. Nel peggiore degli scenari il “downgrade” (declassamento appunto) per Washington avverrebbe già nel 2013. Anche Francia e Germania hanno scontato gli effetti della crisi, ma la loro posizione rimane più solida, soprattutto quella della Germania. Ricordiamo che il voto AAA sta indicare la massima affidabilità nel rimborso del debito pubblico.

Il problema principale segnalato da Moody’s è la mancata crescita del prodotto interno lordo, negli ultimi tempi supportata unicamente da enormi iniezioni di denaro pubblico. Ora che i governi presi in esame stanno stringendo la morsa fiscale il risultato non può che essere che un restringimento della crescita. Che unita a una minore capacità di raccolta di capitali con emissioni di titoli di stato a bassi tassi d’interesse provoca l’inevitabile giudizio di minore affidabilità del credito.

Negli Stati Uniti è il settore immobiliare ad allarmare maggiormente Obama per la ricaduta negativa sui conti pubblici, settore fra l’altro che innescò l’inarrestabile reazione a catena dell’ultima devastante crisi economica globale. Le conseguenze della grande caduta sono sotto gli occhi di tutti: grandi riforme strutturali, con annessi sacrifici, tagli e razionalizzazioni delle spese correnti, rappresentano la dolorosa medicina distribuita un po’ ovunque in Occidente. E in America, Obama ne è conscio, la riforma strutturale più urgente è quella del mercato della casa e dei mutui.

Il percorso, che coinvolge soprattutto Fannie Mae e Freddie Mac, le agenzie che garantiscono i mutui cartolarizzati e che sono state di fatto salvate dal governo due anni fa, è stato formalmente avviato martedì 17 agosto con una conferenza che si è tenuta al dipartimento del Tesoro e che ha visto riuniti anche molti esponenti di primo piano del mondo finanziario Usa.

“Non sosterremo il ritorno di Fannie e Freddie al ruolo che giocavano prima di essere salvate dal Governo”, ha precisato il segretario del Tesoro, Tim Geithner, ricordando come nella loro attività, le due agenzie avessero di fatto «la possibilità di sottrarre quote di mercato alle concorrenti nel settore privato godendo del privilegio del sostegno pubblico».

Qual è dunque il destino dei due colossi che fecero il bello e il cattivo tempo fino alla crisi letale del 2007-2008? Le opzioni in campo procedono da un estremo all’altro: in teoria sono ugualmente possibili sia la privatizzazione, sia la nazionalizzazione completa. La soluzione intermedia, che prevede un coinvolgimento parziale del Governo, una sorta di compensazione per il rischio assunto e la riduzione al minimo delle spese per il contribuente sembra essere l’unica via percorribile, ma su come arrivare a un simile compromesso non esistono per il momento pareri unanimi.

Oltre ai due Paesi anglosassoni, ieri Moody’s aveva annunciato, in un rapporto sul debito sovrano degli Stati migliori, che anche Francia e Germania si sono “ulteriormente avvicinate” al momento in cui potrebbero perdere il rating a loro assegnato, la tripla A, a causa delle difficoltà poste dall’aggiustamento di bilancio dopo la crisi globale. Al momento, tuttavia, il rating AAA assegnato a questi Paesi “resta ben posizionato – si legge in una nota – sulla base di una valutazione di lungo termine della dinamica e della sostenibilità del debito” e l’outlook stabile assegnato al rating è stato confermato per tutti e quattro gli Stati.