Mps, il piano di salvataggio non convince l’Europa. Almunia: “Troppo soft”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Luglio 2013 - 22:20 OLTRE 6 MESI FA
Mps, il piano di salvataggio non convince l'Europa. Almunia: "Miglioratelo"

Joaquin Almunia (Foto Lapresse)

SIENA – Il piano di ristrutturazione presentato da banca Monte dei Paschi di Siena non convince l’Europa: dovrà essere rivisto, ”migliorato”, per assicurare la stabilità all’istituto senese. Questa la sostanza della lettera che il vicepresidente della Commissione Ue e commissario alla concorrenza, Joaquin Almunia, ha scritto al ministro dell’Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni, in data 16 luglio, due giorni prima dell’assemblea di Mps che ha votato per l’abolizione del tetto del 4% per i soci privati.

Il piano, secondo Almunia, sarebbe troppo soft sul fronte dei compensi dei manager, il taglio dei costi e il trattamento dei creditori: senza modifiche il commissario aprirà una procedura di infrazione della durata di sei mesi che potrebbe portare a sanzioni o al rimborso forzato dei 3,9 miliardi di Monti bond.

Una notizia, anticipata dal Financial Times che ha creato non pochi problemi al titolo: in Borsa è stato sospeso e poi riammesso prima di chiudere in negativo a -4,64%. E ciò nonostante il ministero del Tesoro abbia ribadito che è in corso una trattativa ma l’Ue ”non ha bocciato” il piano di Mps, il cui esame da parte dell’Ue ”prosegue come di prassi, in un rapporto di reciproca collaborazione con le istituzione italiane”.

Nel testo della lettera, 3 pagine poi pubblicate sul sito del quotidiano La Stampa, Almunia si dice però ”preoccupato” per la stabilità di Mps e ritiene che, ”per assicurare la fattibilità a lungo termine” del progetto di risanamento dell’istituto, il piano predisposto dal presidente Alessandro Profumo e dall’ad Fabrizio Viola, debba essere migliorato in almeno sei punti.

Mps, che ha chiesto 4,07 miliardi di Monti bond e aspetta su questo proprio il via libera di Almunia, dovrà in sostanza rivederlo e, per il commissario, a compensare una perdita di 320 milioni di euro, non può bastare il taglio di 5.000 dipendenti. Tanto che su questo, spiega il testo, anche l’Italia avrebbe dovuto prendere in considerazione altre ipotesi.

Altro punto critico, per Bruxelles, sono gli stipendi del management: nelle banche che ricevono aiuti, secondo le regole Ue, gli stipendi dei più alti dirigenti non possono essere superiori di oltre 15 volte il salario medio nazionale. E la disposizione deve essere applicata ”fino alla fine del piano di ristrutturazione o fino a quando tutti gli aiuti ricevuti non sono stati rimborsati”.

”Il dialogo informale sui contenuti del piano di ristrutturazione tra MEF e Commissione – assicura però il Tesoro – di cui la lettera pubblicata è soltanto un passaggio e non fa parte di una procedura di contenzioso, è la modalità ordinaria in cui si svolge la procedura di verifica della compatibilità del sostegno finanziario pubblico con il quadro europeo sugli aiuti di Stato”.

Viola, che all’Assemblea del 18 luglio, non aveva voluto commentare gli incontri avuti a Bruxelles, si era limitato a dire: ‘‘E’ in corso una procedura”. Il prossimo 7 agosto, quando presenterà al mercato i numeri della semestrale dovrà fornire delle risposte sui punti criticati da Almunia. Ma oggi ha preferito tacere così come un ”no comment” è arrivato sul tema dal portavoce della Commissione europea.

A Siena si fa solo notare che le trattative sono ancora in corso. Certo non sarà facile tagliare ancora ma andrà fatto per avere il via libera ai Monti bond, fondamentali per il futuro stesso dell’istituto.

Intanto questa è la settimana decisiva anche per la Fondazione, i cui organi scadono sabato 3 agosto. L’attuale Deputazione generale si riunirà nuovamente il giorno prima, venerdì, nella seduta che è stata aggiornata su richiesta dei consiglieri ”ribelli”, 11 su 16, pochi giorni fa. Questi hanno predisposto un documento di ”censura” contro il presidente Gabriello Mancini e gli organi amministrativi. Non è detto, però, che il documento secondo quanto si apprende, avrà i numeri per essere discusso. Alcuni di coloro che lo avevano predisposto avrebbero già ritirato la firma. Tra l’altro l’eventuale ”sfiducia” a Mancini, comunque solo un atto simbolico visto che il giorno dopo non sarebbe più presidente dell’Ente, dovrebbe essere votata da almeno 12 consiglieri della Deputazione. Numeri che i ”ribelli” difficilmente raggiungeranno.