Nomine pubbliche: Terna, Fs, Inps, Istat, ministeri, Palazzo Chigi, Parlamento

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Aprile 2014 - 20:57 OLTRE 6 MESI FA
Nomine pubbliche: Terna, Fs, Inps, Istat, ministeri, Palazzo Chigi, Parlamento

Mauro Moretti: chi andrà al suo posto alle Ferrovie dello Stato? (LaPresse)

ROMA, 28 APR – Nomine pubbliche: è il turno di Terna, mentre per le Ferrovie dello Stato c’è ancora tempo. La mattina di domani, martedì 29 aprile, si riunisce il consiglio d’amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti, che controlla Terna con una quota del 29,9%. Scontata appare l’uscita del presidente Luigi Roth e dell’amministratore delegato Flavio Cattaneo. Sul presidente non sembrano esserci dubbi: la scelta, in continuità con le decisioni prese per Eni (Emma Marcegaglia), Enel (Patrizia Grieco) e Poste (Luisa Todini), dovrebbe cadere su una donna e il nome più accreditato è quello dell’attuale amministratore delegato di Novamont, Catia Bastioli. Per la posizione di ad, invece, il toto-nomine è più vivace, anche se la sfida sembra essere limitata a due soli nomi, Gianni Armani e Matteo Del Fante.

Armani, ingegnere con importanti esperienze all’estero, due anni in Telecom Italia e cinque passati alla McKinsey, è una soluzione interna, essendo attualmente ad della controllata Terna Rete Italia, la società del gruppo che si occupa dell’esercizio, della manutenzione e dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale. Del Fante è invece una candidatura “esterna”: è infatti direttore generale della controllante Cdp e si configurerebbe come una nomina più politica che tecnica.

La partita delle nomine è comunque molto ampia: sono ancora centinaia le poltrone, ma in molti casi si tratta di piccole posizioni in cda e collegi sindacali, che devono essere assegnate. Tra le più urgenti c’è comunque quella di amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Mauro Moretti è destinato a Finmeccanica e quindi va trovato un sostituto entro il 15 maggio, giorno dell’assemblea del gruppo di piazza Montegrappa e probabilmente, secondo quanto si apprende, anche delle stesse Fs. Dalla corsa si è ritirato proprio Cattaneo, che ha fatto trapelare l’intenzione di rivolgersi al mondo dell’imprenditoria privata: il toto-nomine vede quindi in pole l’ad di Rfi Michele Mario Elia, ma resta forte anche il nome di Domenico Arcuri, attuale ad di Invitalia.

Una volta deciso sulle Ferrovie dello Stato, restano circa 500 poltrone da assegnare e 50 consigli d’amministrazione da rinnovare, con i relativi consigli di vigilanza. Scrive Valentina Conte su Repubblica:

Il 25 maggio poi scatta la tagliola dello spoils system. Salteranno i capi dipartimento dei ministeri non confermati. Sono le 28 poltrone dell’alto potere burocratico. Sulla carta potrebbero cambiare pure il Ragioniere Generale dello Stato, Daniele Franco e il direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via. A maggio se ne andrà per raggiunti limiti di età il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. E poi c’è il gigante delle Ferrovie dello Stato lasciate da Mauro Moretti per approdare a Finmeccanica, e anche l’Istat che continua ad avere un presidente facente funzioni (Antonio Golini). Ma entro la fine di settembre va nominato anche il nuovo presidente dell’Inps al posto del commissario, Vittorio Conti, arrivato dopo lo “scandalo Mastrapasqua”. […]

Se Del Fante non dovesse andare a Terna appare il candidato più forte alla Direzione del Tesoro, nel caso il ministro Padoan decidesse di cambiare La Via. Le partite, dunque, si intrecciano. […] L’eventuale scelta interna per le Fs si chiama Mario Elia, ad di Rfi, cioè della rete ferroviaria. Ma gira ancora il nome di Domenico Arcuri, attuale ad di Invitalia, sostenuto dall’area dalemiana. La quale, nella prima ondata di nomine, ha “piazzato” Marta Dassù nel cda di Finmeccanica. Nomina che ha provocato un’interrogazione parlamentare di Sel per chiederne la revoca in quanto in conflitto di interessi, dato che Dassù è stata viceministro degli Esteri nel governo Letta e dovrebbe aspettare un anno prima di assumere un incarico in un ente pubblico o economico. Una situazione simile potrebbe riguardare l’ex ministro Giovannini che si è candidato per un nuovo mandato alla presidenza dell’Istat. Il posto è vacante proprio da quando (il 28 aprile del 2013) Giovannini è stato chiamato al governo da Mario Monti. In 40 professori hanno manifestato l’interesse per assumere la presidenza dell’istituto di statistica, rispondendo alla novità della “call” introdotta da Renzi. Oltre a Giovannini ci sono, tra gli altri: Fiorella Kostoris, Antonio Schizzerotto, Luigi Paganetto, Sandro Trento, Maurizio Vichi.

Complessa pura la scelta del prossimo presidente dell’Inps. L’attuale commissario Conti scade a fine settembre. La riforma della governance dopo il caso Mastrapasqua è sparita dai radar della politica. Resta un nome gettonatissimo per la presidenza: Tiziano Treu, più volte ministro, oggi ascoltato consigliere dei renziani sulle questioni del lavoro.
C’è ben poca rottamazione nello spoils system targato Renzi, quello che riguarda i ministeri. Basta guardare a Palazzo Chigi, dove il valzer delle poltrone in teoria sarebbe già finito. La legge concede 45 giorni di tempo ai nuovi governi in carica per cambiare gli “apicali” del Palazzo. Eppure i decreti di nomina, attesi entro l’11 aprile, ancora non ci sono, almeno non tutti. Ma le caselle, quelle sì, sono state assegnate. E secondo due linee guida. Un tranquillo rimpasto interno per i capi dipartimento e i capi uffici, la prima. Personalità esterne di assoluta fiducia, la seconda, destinate alle poltrone che alla fine contano davvero: il segretario generale e il capo del Dagl, il Dipartimento affari giuridici e legislativi, vera fucina dei provvedimenti, tra decreti, ddl, dpcm.

Posti delicatissimi, spartiti secondo la logica di ferro che consente alla diarchia Renzi-Delrio di governare e controllare. Delrio ha ottenuto la casella del segretario, assicurandosi il fedelissimo Mauro Bonaretti, già con lui al comune di Reggio Emilia e al ministero degli Affari regionali (governo Letta). Mentre Renzi l’ha (quasi) spuntata con la Corte dei Conti su Antonella Manzione, sorella del magistrato “renziano” Domenico, sottosegretario agli Interni con Letta, ora riconfermato. La Corte aveva preteso chiarimenti sui titoli della Manzione per ricoprire la carica. Voleva cioè sapere se l’ex capo dei vigili urbani di Firenze fosse equiparabile a dirigente generale dello Stato, requisito indispensabile secondo la legge, non essendo la signora né alto magistrato né avvocato dello Stato né docente in materie giuridiche. Quel requisito esiste, visto il suo ulteriore ruolo di ex direttore generale del comune fiorentino. Lo stesso ricoperto da Bonaretti a Reggio Emilia. Eppure la Corte dei Conti non ha ancora registrato il decreto.
Ma c’è un’altra casellina di Palazzo Chigi che attira le attenzioni di Renzi. Meno nota ai più, eppure prossimo snodo di un fiume di miliardi di fondi europei, cofinanziati dall’Italia. Si tratta dell’Agenzia per la coesione, istituita nell’agosto 2013, ma ancora ferma. Ebbene Renzi e Delrio vorrebbero dotarla di super poteri, togliendo ai ministeri i programmi di spesa nazionali, e accentrandoli a Palazzo Chigi. In gioco ci sono 20 miliardi. Una super Agenzia che potrebbe avere un super presidente.
Interessante anche l’altra partita dello spoils system, quella che riguarda i ministeri. Qui la longa manus di Renzi dovrà tenere conto degli equilibri di coalizione. Le caselle che, secondo la legge 165 del 2001, devono essere riconfermate o cambiate dal governo entro 90 giorni dal voto di fiducia (dunque entro il 25 maggio), e che ora ballano, sono 28. Si tratta dei segretari generali e dei capi dipartimento dei tredici dicasteri. Difficile una rottamazione generale, ma il dossier è sul tavolo. Come l’altro, assai delicato, sulle Agenzia fiscali. Attilio Befera, già in pensione, ha fatto sapere di non voler essere riconfermato alle Entrate. In pole position c’è il delfino Marco Di Capua, stimato e competente, ex Guardia di Finanza. Come contendente, Giuseppe Peleggi – ora numero uno dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ma in uscita – appare però senza chance. Stefano Scalera invece dovrebbe essere riconfermato come direttore del Demanio.
Un’altra triade di poltrone che scotta (a decidere alla fine saranno i presidenti di Camera e Senato) è quella dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il super controllore indipendente dei conti pubblici previsto dal Fiscal compact. Ebbene, ricevuti 90 curriculum, le commissioni Bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama sono riuscite sin qui a selezionare solo otto dei dieci candidati (servono due terzi dei voti). Tra i due rimasti in ballo è uscito vincitore solo Gianfranco Polillo, ex sottosegretario all’Economia. Mentre Veronica De Romanis, economista e moglie di Lorenzo Bini Smaghi, non convince tutti. L’Ufficio doveva essere operativo a inizio anno e bollinare il Def. E invece ancora fumate nere, tra beghe e veti politici, ambizioni degli economisti candidati, vacanze e ponti degli onorevoli. Anche questo è il risiko delle poltrone.