Nudi alla (terza) crisi (petrolifera)

di Mauro Coppini
Pubblicato il 8 Marzo 2011 - 19:26 OLTRE 6 MESI FA

E tre! Dopo quelle del 1973 e del 1979 ora si presenta all’orizzonte lo spettro di un terzo choc petrolifero. La crisi che infiamma il Nord Africa e che rischia di coinvolgere anche gli emirati arabi rende questa prospettiva più che probabile. C’è da pensare che l’industria dell’auto abbia fatto tesoro delle esperienze passate e che quindi sia preparata a far fronte con successo all’era di un petrolio pronto a tenere fede, perché diventato improvvisamente raro e costoso, al soprannome di “oro nero”.

In realtà la situazione ben diversa. Nel 1973 la reazione alla improvvisa carenza di carburante in seguito alla guerra tra Egitto ed Israele era stata essenzialmente emotiva. Con la rinuncia forzata all’uso dell’auto alla domenica, salutata con favore da automobilisti appiedati ma felici di partecipare ad una festa di piazza collettiva. L’industria dell’auto, da parte sua, si era mossa con grande cautela. La riduzione dei consumi veniva ottenuta con un modesto allungamento del rapporto al ponte e con l’aggiunta di qualche rassicurante sigla a manifestare la propria adesione al tema.

Nel 1979 la rivoluzione Iraniana e e la salita del prezzo del petrolio è presa un po più sul serio. La Fiat introduce la Ritmo ES, dove ES sta per Energy Saving. E forse la prima volta che si parla di risparmio energetico. Ma, anche in questo caso, gli interventi sono limitati. Modesti ritocchi alla aerodinamica, un indicatore di consumo istantaneo e l’accensione elettronica. Qualcuno osa di più. E’ il caso del’Audi che, nel 1982 con la “100” propone la prima berlina di grande serie con un coefficiente di penetrazione, il Cx, di 0.30. Ma a tanta meritoria attenzione non fanno riscontro risultati commerciali adeguati.

Oggi la situazione è radicalmente diversa. Al punto che una eventuale terza crisi petrolifera potrebbe essere vista come una preziosa occasione per valorizzare gli sforzi dei costruttori nel settore del risparmio energetico. La riduzione della resistenza aerodinamica è ormai un prerequisito. Ed infatti quel famoso Cx 0.30 della Audi 100 è ormai patrimonio di gran parte dei modelli presenti sul mercato. Le motorizzazioni ibride si vanno estendendo anche ai modelli più popolari e la diffusione su larga scala delle auto elettriche sembra questione di giorni. Ma siamo davvero sicuri che tutti questi interventi siano sufficienti a metterci al riparo dagli effetti di un aumento del prezzo del carburante? Probabilmente no.

Le vetture sono più aerodinamiche ma l’area della sezione frontale è aumentata a dismisura vanificandone in parte gli effetti. L’auto ibrida è fatta apposta per ottenere grandi risultati sui banchi prova in sede di omologazione ma su strada le cose cambiano. L’aggravio di peso che questa soluzione comporta bilancia solo in parte la maggiore complessità ed il costo elevato di questa soluzione. E lo stesso discorso vale per i processi di downsizing. Processi dimezzati perché alla riduzione della cilindrata dei motori non fanno riscontro analoghi interventi per quello che riguarda pesi e dimensioni che, al contrario, sono ulteriormente in crescita. E l’auto elettrica fatica a togliersi di dosso l’ombra di un dubbio alimentato da tutta una serie di promesse, almeno fino ad ora, puntualmente disattese.

Con i costruttori impegnati ad alimentare un sogno impossibile insistendo su concept car ad intonazione sportiva a cavalcare con disinvoltura una evidente contraddizione tecnica rispetto ad una soluzione che, almeno per ora, dovrebbe essere confinata al settore delle piccole auto urbane. State certi. Se davvero verrà, il terzo choc energetico ci troverà impreparati proprio come è avvenuto in passato. Perché se è vero che abbiamo imparato da fare di più con meno ora potrebbe essere arrivato il momento di fare di meno con meno. Una conversione difficile e dolorosa da portare a termine in presenza di consumatori disposti si a fare a meno di tutto ma purché non gli si chieda di rinunciare a qualcosa.