Olio Dante, “raffineria ferma da 10 anni, 35 mln bloccati per cavilli”

Pubblicato il 6 Novembre 2012 - 15:04 OLTRE 6 MESI FA
Vincenzo Mataluni, ad del Gruppo Oleario di cui fa parte il marchio Olio Dante

MONTESARCHIO (BENEVENTO) – Investimenti per 35 milioni di euro congelati per colpa di un contenzioso con il Comune di Montesarchio, 14 mila anime in provincia di Benevento. E’ quanto denunciato da Vincenzo Mataluni, ad dell’omonima azienda campana, proprietaria anche del marchio Olio Dante, che da anni è ai ferri corti con il Comune di Montesarchio. “Difformità fiscalizzabili e cavilli burocratici“, secondo l’ad del Gruppo Oleario, che da 10 anni tengono in ostaggio l’azienda. Con il pericolo, in caso di verdetto negativo da parte del Consiglio di Stato, di una fuga delocalizzatrice in Spagna.

L’ultima sentenza inerente il contenzioso risale allo scorso 5 giugno: il Tar della Campania si era pronunciato a favore del Comune di Montesarchio riguardo una causa per abuso edilizio risalente a dieci anni fa e che ha visto coinvolto il Gruppo Mataluni. A seguito del pronunciamento del giudice amministrativo, i capannoni dovrebbero diventare patrimonio comunale per il successivo abbattimento oppure, dopo una deliberazione consiliare, essere utilizzati per pubblica utilità. Ma la sentenza è stata poi successivamente sospesa dal Consiglio di Stato, al quale spetta l’ultima parola a marzo.

Mataluni, che è anche esponente dell’opposizione in Consiglio Comunale a Montesarchio, ha pure chiesto un risarcimento danni all’amministrazione per il rallentamento dello sviluppo aziendale subito negli ultimi dieci anni a causa del contenzioso. “In ballo – spiega al Sole 24 Ore – ci sarebbe anche un moderno impianto di trigenerazione di energia in grado di produrre energia elettrica, vapore ed aria fredda dalla combustione di gas metano, completato ma mai entrato in funzione”. “E’ costato altri 2,5 milioni di euro”, sottolinea.

Il contenzioso, scrive il Sole 24 Ore, riguarderebbe due costruzioni situate nell’area del Piano per gli insediamenti produttivi:

“La prima è destinata al centro di ricerche e alloggio per stagisti e ricercatori; l’altra è un’ala di un capannone industriale da adibire alla lavorazione degli oli. Per il primo fabbricato, viene contestata un’altezza superiore ai 10 metri prevista dai piani urbanistici e paesaggistici. Nella realizzazione del manufatto, sostiene l’azienda, non vi è stato alcun aumento di volume né di superficie. Il fabbricato risulta conforme sia alle norme paesaggistiche che urbanistiche. Si tratta di un volume tecnico, difformità fiscalizzabile. All’altra ala del capannoneviene contestata l’invasione di una fascia di rispetto fluviale per la presenza di un corso d’acqua limitrofo”.