Pasta, niente tricolore: “Grano importato da Canada, non è made in Italy”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Luglio 2013 - 11:48 OLTRE 6 MESI FA
Pasta, niente tricolore: "Grano importato da Canada, non è made in Italy"

Pasta, niente tricolore: “Grano importato da Canada, non è made in Italy”

ROMA – “La Divella tolga il tricolore dal suo marchio”. E come lei a rischio anche gli altri grandi marchi, da De Cecco a Buitoni, Barilla e Voiello. La pasta, made in Italy per antonomasia, non sarebbe del tutto “originale”. Fabio Savelli spiega sul Corriere della Sera che la Divella, noto marchio italiano fondato nel 1890 e che oggi vanta 280 dipendenti e un fatturato in costante crescita, anche in tempo di crisi, userebbe grano non italiano per la sua pasta.

Savelli spiega sul Corriere della Sera che la bandiera italiana, orgoglio del marchio Divella, potrebbe scomparire:

“Il motivo è presto detto: Divella, come altri marchi, utilizza un buon 30% di grano duro d’importazione estera (proveniente in gran parte da Canada e Ucraina) perché – secondo quanto afferma Aidepi (l’associazione dell’industria del dolce e della pasta italiane aderente a Confindustria) – il consumo italiano di pasta è talmente alto che il nostro Paese è costretto ad importare grano da oltre-frontiera.

Ma una legge sull’etichettatura emanata nel 2011 le vieterebbe, usando grano d’importazione, di definire i suoi prodotti Made in Italy:

“Così – secondo una recente legge in materia di etichettatura di prodotti alimentari licenziata dal Parlamento nel 2011 – quel vessillo tricolore presente nel logo potrebbe fuorviare il consumatore all’atto dell’acquisto, dato che il grano utilizzato non sarebbe 100% italiano. Di più: sarebbe persino in atto un’attività ispettiva da parte del Corpo Forestale dello Stato — competente per le frodi alimentari — che avrebbe «attenzionato» proprio il logo di Divella per accertare o meno l’applicazione della legge circa l’effettiva origine dei prodotti alimentari”.

Paolo Barilla, presidente dell’Aidepi, si è detto contrario a questa normativa:

“«le normative nazionali apparse intempestive rispetto alla legge comunitaria. Soprattutto perché non vendiamo solo prodotti, ma vendiamo lo Stile Italia, in cui il concetto di made in Italy s’identifica nel saper fare e non nell’origine della materia prima».

Sergio Marini, presidente della Coldiretti, parla invece di “lobby” da parte dei pastai e chiede più trasparenza per i consumatori, che hanno

“il diritto di veder segnalato da dove arriva il grano duro utilizzato dalle aziende”.

Marini parla poi delle etichette e delle piccole realtà della produzione e chiede giustizia per gli agricoltori:

“Le attività ispettive dovrebbero verificare o meno l’esistenza di eventuali cartelli sul prezzo del grano, con l’acquisto da parte di alcune aziende di ingenti quantitativi oltre-frontiera, che provocano un’eccesso di offerta tale da abbatterne il prezzo e mandare sul lastrico migliaia di agricoltori”.