Pensioni, anticipo ed esodati, Renzi: “Rinvio al 2016”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Ottobre 2015 - 08:58 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni, anticipo ed esodati, Renzi: "Rinvio al 2016"

Pensioni, anticipo ed esodati, Renzi: “Rinvio al 2016”

ROMA – La flessibilità in uscita nelle pensioni slitta al 2016 “quando i numeri saranno chiari”. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, spiegando che intervenire troppo rapidamente, entro quindi i termini della legge di stabilità, potrebbe risultare “un danno”, perché attuato “senza saggezza e senza cifre chiare”. Quello che invece entrerà nella manovra sarà “una misura ad hoc” per facilitare il lavoro dei professori universitari, riportando eventualmente in Italia quelli espatriati all’estero.

A 500 di loro, ha assicurato il presidente del Consiglio, sarà dato “un gruzzolo” per portare avanti progetti di ricerca nelle università, “slegandoli dalle dinamiche burocratiche della Pubblica Amministrazione”. Il presidente del Consiglio, intervistato da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, ha quindi ribadito che questa legge di stabilità sarà concentrata sul taglio delle tasse, prima Imu e Tasi sulla prima casa e poi Ires e superammortamenti.

Esodati, soluzione rinviata al 2016. “Non abbiamo ancora trovato la soluzione per consentire di andare in pensione un paio d’anni prima. Se si interviene sulle pensioni senza saggezza si fa danno, quindi proporremo la soluzione nel 2016 quando i numeri saranno chiari”.

“Siamo i primi ad abbassare davvero le tasse”, dice Renzi scherzando sul fatto che l’abolizione della tassa sulla prima casa Berlusconi la annuncio “ma poi rimase sui posteroni”. Allo stesso tempo nella manovra si punterà a combattere la povertà, con misure specifiche per circa un milione di bambini poveri. Attenzione sarà riservata anche al mondo del servizio civile e dell’associazionismo.

In vista del Cdm di giovedì resta però ancora l’incognita coperture, nonostante lo slittamento della flessibilità pensionistica. Il Parlamento ha già dato il via libera ad utilizzare il deficit fino al 2,4% del Pil l’anno prossimo (circa 17,9 miliardi), sfruttando il più possibile la flessibilità europea, ma a Bruxelles la partita resta ancora – almeno in parte – da giocare. Il disco verde della Commissione non è infatti prevedibile al momento su tutto l’importo, ma solo sulle clausole riguardanti le riforme e gli investimenti, lasciando temporaneamente da parte invece la più complessa ed articolata questione migranti, da cui l’Italia puntava ad ottenere uno 0,2% di deficit.

Resta il nodo coperture. Circa 3 miliardi insomma, senza i quali la flessibilità utilizzabile si riduce a meno di 15. In questa cifra vanno però considerati anche i 5 miliardi destinati al piano di investimenti cofinanziati dall’Ue: al netto le coperture apparentemente disponibili scendono quindi ancora, a circa 10 miliardi. A queste devono comunque aggiungersi circa 7 miliardi di spending review, a partire dai costi standard ribaditi da Renzi, probabilmente un miliardo dalla riforma dei giochi e, secondo le stime più ottimistiche, altri 3 miliardi di entrate dovute nel 2016 alla voluntary disclosure.

In tutto 21 miliardi, che non basterebbero però se nella manovra dovessero entrare tutte le misure di cui si è parlato in questi giorni. La cancellazione delle clausole di salvaguardia e di Tasi e Imu, vale da sola di 20,5 miliardi. Il pacchetto imprese, comprensivo di ammortamenti, varrebbe 1,8 miliardi, cui aggiungere nel capitolo welfare 500 milioni per la rivalutazione strutturale delle pensioni, circa 800 milioni (da compensare sull’indebitamento) per esodati e opzione donna.

Rinnovare, anche se con un decalage, la decontribuzione potrebbe costare un altro miliardo, mentre il piano povertà sarebbe compreso tra 500 milioni e un miliardo. Il costo della proroga dell’ecobonus è calcolato in 350 milioni, quello del contratto degli statali 300 milioni, ed altrettanti la messa a punto del nuovo regime per le partite Iva.

Non va inoltre dimenticato che, con i primi introiti della voluntary disclosure, il governo è riuscito a sterilizzare l’aumento delle accise e il ritocco degli acconti Ires per circa 1,5 miliardi fino a fine anno, non anche nel 2016. Neutro, ai fine del bilancio, sarebbe invece il passaggio, su cui si sta ragionando, degli 80 euro da prestazione sociale a detrazione che avrebbe invece un impatto sulla pressione fiscale.