Pensioni, pronti i nuovi coefficienti: -3% sugli assegni tra il 2013 e il 2015

Pubblicato il 18 Maggio 2012 - 11:08 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sono pronti i nuovi coefficienti per calcolare gli assegni delle pensioni: quelle erogate tra il 2013 e il 2015 vedranno una riduzione intorno tra il 2 e il 3%, ma l’estensione da 65 a 70 anni (per effetto della riforma) del calcolo dei coefficienti garantirà assegni più pesanti per chi deciderà di uscire dal lavoro più tardi. I nuovi coefficienti entreranno in vigore dal primo gennaio prossimo, il decreto ministeriale è pronto per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale: il ministro Fornero ha firmato il testo il 15 maggio e ne ha già parlato, in attesa di leggere le cifre precise il Sole 24 Ore ne anticipa contenuti ed effetti.

Con l’abolizione della finestra unica dai 65 ai 70 anni, per ogni singolo anno, con i nuovi coefficienti sarà possibile calcolare di quanto crescerà l’assegno di pensione moltiplicandoli per il montante contributivo, operazione impossibile fino al 2012 per i sessantacinquenni per l’assenza di un moltiplicatore che andasse oltre quel limite di età. Per la prima volta, infatti, i nuovi coefficienti, per tener conto di un’età di pensionamento che andrà a crescere, saranno estesi alle età di pensionamento successive ai 65 anni, fino ai 70. L’articolo 24 della riforma Monti-Fornero incentiva, infatti, a proseguire nel lavoro anche oltre l’età “ordinaria” della pensione di vecchiaia.

In generale i nuovi coefficienti saranno più bassi di quelli del 2010: a parità di montante maturato l’applicazione dei nuovi coefficienti avrà come conseguenza prestazioni più contenute. Il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra la prima rata di pensione annua e la retribuzione percepita nell’ultimo anno di servizio, si ridurrà in maniera equivalente. Per esempio, al compimento dei 66 anni di età il dipendente con oggi 60 anni può attendersi dal sistema una pensione finale pari a circa il 79% dell’ultima retribuzione, mentre invece il lavoratore 40-enne dovrebbe ricevere una copertura pari a circa il 58 per cento.

Chi decide di andare in pensione, invece, riceverà un assegno più elevato, anche in maniera significativa. E’ chiaro che la minor aspettativa di vita e quindi di minor durata della corresponsione del trattamento pensionistico corrisponderà a un trattamento stesso più elevato visto che il montante contributivo accumulato si distribuisce in un minor numero di anni. In assoluto il nuovo contesto contributivo sarà penalizzante vista la situazione economica: al termine di ogni anno la rivalutazione del montante contributivo è basata sulla variazione del Pil nominale (calcolato dall’Istat sulla media dei 5 anni precedenti la rivalutazione), quindi recessione alternata e crescita praticamente zero vuol dire assegni futuri non buoni.

Quali sono i criteri su cui si fonda la quantificazione dei coefficienti? Le variabili prese in esame sono naturalmente l’aspettativa di vita, la probabilità del lavoratore (o della lavoratrice) di lasciare il nucleo familiare, la differenza di età tra coniugi e altre variabili che hanno un impatto sulle stime legate all’assegno di reversibilità. Tutto ciò spiega la spinta a far rimanere più a lungo un lavoratore sul posto di lavoro: gli incentivi permetteranno pensioni più sostanziose, ma certo si devono creare anche le condizioni per far accedere i lavoratori alla pensione in maniera più graduale. Ciò significa maggiore occupabilità degli over 50/55 e misure conseguenti come qualche anno di part-time prima dell’uscita definitiva dal mondo del lavoro con quelli che Fornero immagina come meccanismi di “solidarietà espansiva”. Anche per trovare una via d’uscita non emergenziale e/o assistenziale al problema degli esodati.