Esodati, mobilità: salvo solo chi ha risolto il contratto entro il 2011

Pubblicato il 31 Gennaio 2012 - 11:34 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Esodati“, lavoratori incentivati ad uscire dall’azienda: il decreto Milleproroghe (oggi la Camera lo approva) salva e garantisce solo chi ha risolto il contratto entro il 31 dicembre 2011. Chi, invece, alla stessa data ha solo sottoscritto l’incentivo o l’accordo per l’uscita anticipata dall’azienda può trovarsi fino a 6 anni nella terra di nessuno dei senza stipendio e senza assegno previdenziale per effetto delle nuove regole così come sono state scritte nel decreto salva Italia. Parliamo di circa 60/70 mila lavoratori che si trovano in questa condizione.

Se il decreto non verrà modificato, chi ha firmato accordi per una cassa integrazione straordinaria ed è quindi automaticamente accompagnato alla mobilità, rientra tra coloro che non hanno ancora risolto definitivamente il rapporto di lavoro. Alla chiusura dell’ombrello dell’ammortizzatore sociale, resteranno senza busta paga e senza pensione. A rischiare di più sono i dipendenti, ma anche per le imprese potrebbero essere dolori. “E’ chiaro che essendo variate le regole sulle quali ci eravamo basati per firmare gli accordi di ristrutturazione e i piani di esuberi, quelle intese non si potranno più considerare valide” minaccia il responsabile dei metalmeccanici della Uil.

Solo alle Poste sono 5 mila i dipendenti che stanno lasciando il posto in questo momento e che rischiano di non agganciare la pensione nei tempi che erano stati loro promessi. Stessa condizione a Termini Imerese: la Fiat aveva utilizzato casa integrazione e mobilità per chiudere gli impianti: qualche decina gli operai interessati. In Fincantieri 700 lavoratori sono in cassa integrazione per due anni, con la prospettiva della pensione che sfuma per il mancato aggiustamento del milleproroghe. Ci sono poi i casi di Alitalia, Finmeccanica, Alenia, Agile, Irisbus.

Ma ci sono anche numerose piccole e medie aziende del settore chimico, molte imprese dell’edilizia. Ora l’ultima possibilità di un provvedimento che sani la situazione resta il passaggio in Senato del decreto milleproroghe: Petriccioli della Cisl, invita a guardare anche “ai licenziamenti individuali e collettivi avvenuti in assenza di accordi nonché i lavoratori nella stessa condizione per i quali è iniziata, ma non si è conclusa la procedura di licenziamento”.