ROMA – La possibilità di lasciare il lavoro 7 anni prima, con uno scivolo pagato però dall’azienda, attraverso un meccanismo chiamato ‘contratto di espansione’ che prenderebbe il posto degli attuali contratti di solidarietà espansiva. E’ l’ipotesi contenuta in un emendamento dei relatori al decreto crescita che potrebbe favorire il rinnovamento delle aziende. Ma non tutte.
Solo nelle aziende con più di mille dipendenti. La norma è infatti finalizzata solo alle grandi aziende con più di 1.000 lavoratori che all’interno di un ammodernamento tecnologico potrebbero anche favorire l’uscita dei lavoratori più anziani con uno ‘scivolo’ a proprio carico fino a 7 anni dalla pensione, con un valore commisurato alla pensione lorda maturata al momento dell’uscita. Il meccanismo, complesso, prevede che le aziende possano anche ridurre l’orario di lavoro degli altri dipendenti e in cambio assumere nuovi lavoratori.
Le risorse. L’emendamento presentato dai relatori, insieme ad un pacchetto che ha fatto sollevare la protesta del Pd visto il poco tempo a disposizione per l’esame, sostituisce per intero la normativa sulla solidarietà espansiva e introduce il nuovo ‘contratto espansivo’ finanziandolo con 40 milioni per quest’anno e 30 per il prossimo, ma in via sperimentale per 2 anni, 2019 e 2020 appunto.
Riduzione oraria. Oltre a dare la possibilità di anticipare le uscite dei più anziani, si prevede anche la riduzione oraria (che “può essere concordata, ove necessario, fino al 100%), che potrà essere integrata da Cig e Cigs ma fino a 18 mesi anziché 24. Nel contratto andrà indicato il numero di nuove assunzioni “a tempo indeterminato” o con il “contratto di apprendistato professionalizzante”.
Le aziende potranno chiedere di stipulare questi contratti di espansione al ministero del Lavoro insieme ai sindacati, “nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione”, se si avvia una “modifica strutturale dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico” che porta con sé “l’esigenza di modificare le competenze professionali in organico” anche “prevedendo l’assunzione di nuove professionalità”.
Per i lavoratori che invece si trovano “a non più di 84 mesi” dalla pensione “il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, una indennità mensile, liquidabile anche in unica soluzione, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro”.
No esodati. Se il lavoratore è vicino alla pensione anticipata “il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito” del licenziamento. Prevista anche una clausola per evitare nuovi esodati, perché si precisa che “leggi e altri atti aventi forza di legge non possono in ogni caso modificare i requisiti per conseguire il diritto” alla pensione “vigenti al momento dell’adesione” all’uscita con scivolo aziendale. Gli elenchi dei lavoratori che “accettano indennità” andranno depositati. (fonte Ansa)