ROMA – Pensioni, il “finto” taglio ai vitalizi degli ex parlamentari oltre 91mila euro. Invece di fornire cifre inesatte sul gettito previsto (la deducibilità Irpef lo dimezza!) dal famigerato contributo di solidarietà, l’ennesima prova dell’accanimento sui pensionati trattati come bancomat, “il ministro Poletti potrebbe cortesemente informare i cittadini su quanto ha sinora incassato l’Erario dai vitalizi degli ex deputati ed ex senatori pensionati con oltre 91 mila 250 euro euro, come prevede il comma 325 bis dell’ultima legge di stabilità? Nessuno oggi lo sa. Forse zero? Chissà?”. In effetti, spiega Pieluigi Roesler Franz, quel taglio alla casta, strombazzato come cosa fatta capo ha, è forse l’ennesima astuta finta di casta.
Questo famigerato comma 325-bis fu introdotto in extremis dal Parlamento dopo che l’allora vice ministro dell’Economia, Fassina, che aveva lanciato l’idea, ammise di essersi dimenticato di tradurla in pratica. La norma prevede testualmente, sempre in burocratese che: “I risparmi derivanti dalle misure di contenimento della spesa adottate, sulla base dei principi di cui al comma 325, dagli organi costituzionali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, nell’esercizio della propria autonomia, anche in riferimento ai vitalizi previsti per coloro che hanno ricoperto fruizioni pubbliche elettive, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al decreto del presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.
L’idea di Fassina, ma solo l’idea, era quella di colpire tutti i titolari di pensioni superiori ai 91 mila 250 euro lordi l’anno, ivi compresi i titolari di vitalizi superiori allo stesso “tetto”, cioé tra gli altri anche ex deputati ed ex senatori. Nella pratica la norma approvata dalle Camere dice, però, un’altra cosa e consente di dribblare abilmente, aggirandola elegantemente, l’originaria idea di Fassina.
Sono insite, infatti, due distinte clausole sotterranee: la prima che il taglio dei vitalizi debba essere deliberato dalla Camera dei Deputati, dal Senato o da altri organismi costituzionali che beneficiano di un bilancio separato ed autonomo in virtù della cosiddetta “autodichia”. Pertanto il taglio fino ad allora non è operativo. La seconda è che, anche se divenisse operativo, si lascerebbe aperta la porta per gli ex deputati ed ex senatori di ricorrere con pieno successo alla Corte Costituzionale perché i soldi frutto dell’eventuale taglio dei loro vitalizi superiori ai 91 mila 250 euro lordi l’anno non finirebbero nello stesso “pentolone” dove affluiscono le somme degli altri pensionati tagliati, cioè nel Fondo Pro Esodati o Pro pensionati indigenti, ma nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico. Cioè in un Fondo che ha chiaramente natura tributaria. Di conseguenza il citato comma 325-bis potrebbe incappare per questo motivo in una sentenza di illegittimità della Consulta, come già affermato nella decisione n. 116 del 2013.
In pratica i parlamentari hanno costruito una norma ad hoc – una specie di “specchietto per le allodole” – che ha fatto credere solo apparentemente di aver parificato gli ex deputati e gli ex senatori agli altri pensionati con oltre 91 mila 250 euro euro, mentre in realtà consentirebbe ad essi di ottenere al 100% in breve tempo il rimborso dell’eventuale taglio del loro vitalizio. Non è forse uno scandalo? (Pierluigi Roesler Franz, Blitz Quotidiano)
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