Pomigliano, Italia? Nel mondo focolai di rivolta

Pubblicato il 27 Febbraio 2009 - 16:25| Aggiornato il 2 Marzo 2009 OLTRE 6 MESI FA

In corteo gli operai Fiat di Pomigliano d’Arco: chiedono che la fabbrica non chiuda. Con loro anche  il vescovo di Nola. È il primo massiccio sintomo in Italia della disoccupazione montante, finora arginata dal moltiplicarsi della cassa integrazione. L’ultimo dato parla però di una caduta della produzione industriale del 15 per cento. Non ci vorrà molto perchè questo dato in cifre si traduca in mancati stipendi in carne e ossa.

Cinquanta milioni di persone in tutto il mondo rischiano di perdere il posto di lavoro.  Solo nell’Eurozona i disoccupati sono saliti all’8,2%. Per ora solo proteste, qualche sciopero e manifestazioni di piazza. Ma si teme a livello planetario una primavera più che calda, socialmente drammatica. Dall’Inghilterra al Kazakhistan il Corriere della Sera ha fatto una “mappa dello scontento”.

A Londra, per esempio, la polizia ha già segnato in rosso le date in cui il termometro della rabbia potrebbe salire. In Francia il 29 gennaio lo sciopero generale ha portato 2,5 milioni di lavoratori in piazza. Nell’ultimo mese 30 mila insegnanti hanno manifestato in India, 120 mila dipendenti pubblici in Irlanda. Tensioni anche in Turchia, Russia e Germania.

Il diffondersi dell’insicurezza sociale e il precipitare di vasti strati della popolazione verso autentiche forme di indigenza potrebbe portare ad una caduta a catena degli stessi governi. La crisi somiglia sempre più alla depressione, anche nei suoi effetti politici.