Precari: la regola. Posto fisso: l’eccezione. Istat: sorpasso degli “atipici”

Pubblicato il 2 Settembre 2013 - 11:06 OLTRE 6 MESI FA
Precari: la regola. Posto fisso: l'eccezione. Istat: sorpasso degli "atipici"

Precari: la regola. Posto fisso: l’eccezione. Istat: sorpasso degli “atipici” (Ansa)

ROMA – Presto i lavoratori precari saranno più di quelli col posto fisso, e il contratto “atipico” diventerà quello “tipico”. Federico Fubini, su Repubblica, ha scandagliato i dati dell’Istat e ha scoperto che già adesso chi lavora con un contratto a tempo indeterminato è un minoranza.

Partendo dal dato principale, ovvero che solo un 53,6% in Italia è impiegato con un contratto stabile, Fubini dimostra come il posto fisso sia già un’eccezione:

“La soglia del sorpasso non è stata varcata, secondo l’Istat, ma si avvicina. I dati diffusi ieri dall’agenzia dicono che gli abitanti in Italia con contratti a tempo indeterminato e a pieno compenso sono dodici milioni, cioè un residente su cinque e il 53,6% degli occupati. È un gruppo che si restringe: erano il 57% nel 2005, da allora non hanno mai smesso di diminuire e nell’ultimo anno hanno perso più di circa 300 mila unità. Intorno a loro crescono i part-time, spesso involontari, e i contratti cosiddetti “atipici”, mentre l’esplosione da quattro a cinque milioni nel numero di partite Iva dal 2007 al 2012 spesso maschera forme di lavoro dipendente senza assunzione. «In certe aree del settore privato non è raro che a un addetto venga chiesto di licenziarsi e tornare alle stesse mansioni come partita Iva», osserva la sindacalista Cgil Tina Balì.

Ma se si guarda più da vicino ai dati dell’Istat, appare probabile che il sorpasso già oggi sia una realtà. Nel 2013 i lavoratori “standard” rappresentano una quota di minoranza una volta confrontati a tutti gli altri gruppi del mondo del lavoro. I dati Istat per esempio includono almeno 240 mila cassaintegrati fra i dipendenti con impiego “permanente” a tempo pieno, ma è lo stesso istituto a stimare che, in media, torna davvero al lavoro non più un cassaintegrato su tre. Quando si scomputano gli addetti in Cig, i posti di lavoro considerati normali scendono al 52% circa del totale. Questo valore però non tiene conto dei tre milioni di disoccupati, persone senza impiego che però sono in cerca di una sistemazione. Una volta inclusi questi ultimi nel panorama del mondo del lavoro, gli addetti «standard» scendono ancora e risultano al 47% del totale dei lavoratori. Meno della metà. Insomma ciò che per generazioni è stato identificato con la norma, non lo è più”.

La “norma” sono assunzioni con contratti a tempo indeterminato che hanno tutte le caratteristiche del tempo indeterminato, tranne il fatto che sono part-time; lavoratori autonomi che lavorano con un solo cliente; lavoratori a progetto, co.co.co., partite Iva che rispettano turni da lavoro dipendente: tutta una serie di posizioni lavorative finora definite “atipiche” o “non standard”.

“E non sarà facile invertire la tendenza, che anzi accelera: l’Isfol, una struttura del ministero del Lavoro, nota che oggi solo il 16% dei nuovi contratti firmati sono a tempo indeterminato e molti non lo diventeranno mai. «Ormai è piuttosto raro che chi entra in un’azienda da precario poi venga stabilizzato a tempo pieno», dice Stefano Sacchi dell’università di Milano e del Collegio Carlo Alberto di Torino. Sacchi si chiede quanto possa essere efficiente un paese in cuil’occupazione è sempre più frammentata e chi offre lavoro, poiché lo fa per poco tempo o senza assumere, tende a investire poco nella formazione di chi produce”.