Il precariato: si abbatte e si cambia. C’è un’ipotesi di legge, ma nessuno se la fila

di Sergio Carli
Pubblicato il 20 Dicembre 2010 - 12:47 OLTRE 6 MESI FA

A Torino ottanta scuole si sono rifiutate di partecipare alla “sperimentazione”, cioè al percorso di valutazione su quali siano gli insegnanti più bravi da premiare con un aumento di stipendio. A rifiutarsi sono stati i professori e il movimento degli studenti, che temono per loro una vita lavorativa a vita precaria, saluta il rifiuto dei professori torinesi come esempio della lotta anti-Gelmini. Esempio da diffondere. Nessuno invece presta il minimo di attenzione a una ipotesi di legge anti precariato che pure c’è, depositata e sepolta in Parlamento. Dice l’ipotesi di legge che il precariato si cambia e si abbatte pure, si può fare anche se non è gratis. Dice la legge che nessuno si fila: contratti a tempo indeterminato per tutti ma nessuno più inamovibile dal posto di lavoro. Insomma, niente più contratti a tempo o mezzi contratti, contratti di lavoro veri per tutti quelli messi a lavorare da oggi in poi. Ma tutti quelli messi a lavorare da oggi in poi, cioè assunti, non saranno più di fatto illicenziabili. In questo modo le aziende non avranno più l’alibi del timore di assumere personale “a vita”, indipendentemente dalla produzione e dal mercato. E sarà finalmente uguale la condizione di tutti quelli che lavorano: non più alcuni super garantiti e altri senza nessuna garanzia.

Gli assunti, tutti gli assunti e assunti tutti a tempo indeterminato, in caso di perdita del posto di lavoro avranno garanzie di reddito a carico della collettività, garanzie crescenti a seconda dell’anzianità di lavoro. E per chi perde il posto non sarà sospeso il versamento dei contributi previdenziali. Nessuno si fila, nessuno discute, nessuno lavora a questa legge che è egualitaria, riformista e “tagliata” sul dramma della precarietà giovanile. Forse perché si può fare davvero, forse perché il suo costo finanziario obbligherebbe partiti, sindacati e movimenti a dare risposte, ad assumersi responsabilità. Il contratto a tempo indeterminato per tutti, con garanzie limitate ma crescenti per tutti si può finanziare ad esempio con una tassa sulle transazioni finanziarie, ma anche destinando a questa forma di spesa sociale ad esempio il 5 per cento della spesa di Regioni, Comuni e Province. Cinque per cento, più o meno quindici miliardi l’anno. Bastano, avanzano. Basta che partiti, sindacati e movimenti rinuncino a spendere a a far spendere un po’ di quello che esigono per territori, associazioni, categorie. Si può fare, forse per questo non si fa.