Bonanni avverte Monti: “Non alzate l’Iva. Così il Paese si spacca”

Pubblicato il 25 Giugno 2012 - 10:56 OLTRE 6 MESI FA

Raffaele Bonanni (Lapresse)

ROMA – Al grido di “non alzate l’Iva” il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, impartisce una lezione di economia al governo Monti. In un’intervista al quotidiano Libero, Bonanni spiega: “Se aumenta l’imposta avremo più licenziamenti e meno entrate fiscali. Se abbassi i consumi riduci le produzioni e se le aziende producono di meno saranno costrette a tagliare anche il personale, ma il calo dell’occupazione comporta pure minori entrate fiscali per lo Stato e il governo non capisce che l’Italia deve uscire da questo circolo vizioso altrimenti la condizione non può che peggiorare”.

Nell’intervista il numero uno della Cisl avverte che sarebbe disposto ad accettare il rialzo dell’Iva solo in cambio di un’equivalente riduzione dell’Irpef. “L’Italia è l’unico paese al mondo che carica la maggior parte del fisco su lavoratori e pensionati e spostare il peso sulla tassazione indiretta servirebbe a colpire gli evasori e rigalvanizzare i consumi”.

E’ anche un fatto di giustizia sociale secondo Bonanni: “Più Iva e Irpef invariata, rappresenterebbe una tenaglia rovente pronta a spaccare il sistema Paese. Farebbe saltare completamente il banco. Perché l’alta tassazione che ci ritroviamo è la prima causa della recessione”. Glielo ha detto a Monti, ma l’unico modo che il governo ha di evitare i due punti in più dell’Iva è tagliare la spesa pubblica e allora tagliamo gli statali? Falso, risponde Bonanni, “ci risiamo con i tagli lineari e le politiche recessive. Ma lo capiscono che in questo modo non si fa altro che deprimere i consumi e produrre ulteriori costi per lo Stato?”.

Ma allora dove tagliare? Il leader Cisl la prende alla lontana raccontando che in Italia i business del gas, dei telefoni e delle autostrade, operano in un regime di monopolio nascosto sul quale intervenire. “Il problema delle municipalizzate – dice – è sotto gli occhi di tutti, così come la ridondanza dei comuni e gli sprechi delle Regioni”. E se non bastasse “ci sono 500-600 miliardi di patrimonio pubblico da aggredire”.