Apartheid del lavoro: precario batte fisso 8 a 2

Pubblicato il 11 Aprile 2012 - 10:49 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La riforma del lavoro targata Monti-Fornero tenta di ridurre al minimo i contratti precari ma finora c’è una vera e proprio apartheid del lavoro: quello precario batte il fisso otto a due. Perché finora, ed è un trend in crescita se nessuno inverte le regole, su 100 contratti 80 sono precari e 20 fissi.

I dati vengono da una mappa aggiornata delle tipologie contrattuali messa a punto dal servizio Politiche del lavoro della Uil diretto da Guglielmo Loy. Uno studio dettagliato, con dati ufficiali Istat, Inps, Inail ed Eurostat, che fotografa una realtà dove il 78% dei rapporti di lavoro viene instaurato con forme non stabili e solo il 22% con contratti di lavoro a tempo indeterminato mentre la percentuale di apprendisti rispetto al totale degli occupati nella fascia 15-29 anni è di appena il 15%.

Nel primo semestre 2011, dice lo studio, “su un totale di 5,3 milioni di nuovi rapporti di lavoro avviati (che hanno coinvolto oltre 3,6 milioni di lavoratori), il 78% degli avviamenti è avvenuto con “deboli” forme di rapporto di lavoro»: il 67,7% con contratti a tempo determinato; l’8,6% con collaborazioni; l’1,7% con altre tipologie. In questi dati non sono considerate le nuove partite Iva e il lavoro occasionale retribuito con i voucher, che farebbero salire la percentuale di rapporti di lavoro instabili oltre l’80%. Se si considera poi che il 53,6% dei 3,6 milioni di persone avviate al lavoro ha più di 35 anni, si può facilmente concludere che i contratti atipici riguardano ormai non solo i giovani. La situazione non è destinata a cambiare nel 2012. Dagli ultimi dati Unioncamere sulle previsioni di assunzione delle imprese nel primo trimestre 2012 emerge infatti che solo il 17,3% è costituito da contratti a tempo indeterminato e il 3,3% da contratti di apprendistato”. Per il restante 80% circa si ricorre ancora ai contratti temporanei.

La riforma del mercato del lavoro fa costare di più questo tipo di contratti introducendo un’aliquota aggiuntiva dell’1,4% che l’azienda può recuperare in parte (fino a sei mesi) nel caso trasformi il contratto a tempo indeterminato. A fronte di questo premio alla stabilizzazione c’è però la liberalizzazione del primo contratto a termine, che se non supera sei mesi, non ha più bisogno di una causale. La riforma amplia anche l’intervallo tra un contratto e l’altro: da 10 a 60 giorni per quelli inferiori a sei mesi, da 20 a 90 giorni per gli altri. Resta fermo il tetto di 36 mesi per questa forma contrattuale.

Inoltre per evitare gli abusi la riforma Fornero prevede una decisa stretta sui co.co.pro. introducendo la presunzione di subordinazione tutte le volte in cui l’attività del collaboratori sia analoga a quella dei dipendenti e un aumento graduale dell’aliquota contributiva dal 27 al 33%. Misure che hanno fatto infuriare le imprese.