ROMA: SUPERVERTICE SULLA CRISI CON TREMONTI, BANKITALIA, CONFINDUSTRIA E MEDIOBANCA

Pubblicato il 7 Ottobre 2008 - 23:53 OLTRE 6 MESI FA

«Bisogna prepararsi alla fase due». È l’impatto della crisi finanziaria sull’economia reale a preoccupare Tremonti, ed è per «tentare di evitare il cortocircuito» tra sistema creditizio e imprese — dagli effetti devastanti per il Paese— che il ministro dell’Economia ha convocato d’urgenza per oggi un incontro a cui parteciperanno i vertici di Bankitalia, Abi, Confindustria e Mediobanca.

È un autentico comitato di crisi, segno che «il peggio — come ripete spesso Tremonti in questi giorni—deve ancora arrivare». Per l’Italia «il peggio » non sarebbe legato al destino delle banche ma alle ripercussioni del crac internazionale sull’economia reale. Il governo finora aveva calcolato che gli effetti della crisi si sarebbero sentiti di qui a sei mesi, accompagnati da una crescita zero e da un aumento della disoccupazione.

Ma la rapidità con cui lo tsunami finanziario si sta abbattendo sull’Europa, ha indotto l’esecutivo a modificare le previsioni, che ora sono simili a quelle di autorevoli esponenti del Pd: il sistema creditizio è prossimo a bloccarsi, le aziende stanno entrando in asfissia finanziaria, i consumi sono in picchiata, «e in più c’è stata una flessione del 20% nella vendita di benzina», annota Enrico Letta: roba che non si vedeva dai tempi della crisi petrolifera degli anni Settanta. Ecco perché a Capri l’ad di Eni Scaroni aveva preannunciato «problemi per i cittadini». Ecco perché Tremonti ha convocato la riunione di oggi.

All’appuntamento parteciperanno la presidente di Confindustria Marcegaglia, il presidente di Abi Faissola e il presidente di Mediobanca Geronzi. Per Bankitalia sarà presente il direttore generale Saccomanni, data l’assenza del Governatore Draghi, in volo verso Washington. Il «cortocircuito» banche- imprese è il nodo che potrebbe strangolare l’economia, è l’incubo che aveva già spinto Confindustria a organizzare per il 17 ottobre un summit a Milano con i principali banchieri italiani. Il punto è che nessuno sa prevedere quale sarà l’impatto del crac finanziario sul Paese. «L’unico dato certo—dice l’azzurro Cantoni, ex presidente di Bnl — è che questa crisi inciderà notevolmente sul Pil dei prossimi anni».

Crescita zero. Ecco il dato che preoccupa Berlusconi, «ecco cosa si nasconde dietro i suoi continui appelli alla calma e all’ottimismo», spiega il leader del Pri Nucara. Il governo sta prendendo tempo, in attesa di spiegare la «verità» al Paese sui problemi futuri per l’economia reale. E c’è un motivo se il premier finora l’ha nascosto, se si è speso a difesa delle banche, se ha spiegato ai suoi che «Profumo va difeso»: una settimana fa, dopo la prima drammatica telefonata con Bush e dopo i primi segnali di crisi di Unicredit, Berlusconi ha temuto «il panico tra i piccoli risparmiatori e le file dei correntisti davanti alle banche. Il Paese non avrebbe retto».

Ancora ieri, dopo nuovi contatti con Bush e Putin, ha detto che «tutti i leader devono lavorare per evitare il panico». Ma l’esito del «G4» e del colloquio con la Merkel, il veto dei tedeschi al «piano Sarkozy», non lo rendono sereno, questo ha confidato a Napolitano. «Il problema — spiega il democratico Enrico Letta — è che, senza una copertura europea, l’Italia non può permettersi un piano Paulson nazionale. Non ci sono i soldi per farlo». Il pericolo quindi è di non avere un airbag quando la crisi investirà il sistema domestico. Nemmeno l’airbag americano sembra adeguato, se è vero quanto racconta l’azzurro Valducci: «Giorni fa ho parlato con un rappresentante della City londinese, che mi ha detto: "Gli 850 miliardi di dollari stanziati dalla Casa Bianca sono peanuts"».

L’Italia non ha nemmeno quelle «noccioline», e contro una «Europa divisa e incapace di un’azione comune» si è scagliato persino Casini: «Berlusconi aveva fatto bene ad appoggiare l’idea del fondo comune europeo. Purtroppo nell’Unione si assiste a cose incredibili: i tedeschi, dopo aver criticato l’Irlanda che si era mossa da sola, il giorno dopo hanno agito allo stesso modo».

Il vertice convocato da Tremonti testimonia che la crisi sta per entrare nella «fase due». «Mi auguro — conclude Casini—che nel governo finisca il delirio di onnipotenza ma anche che Veltroni la smetta con questa inutile opposizione urlata». In effetti la strategia del leader del Pd non sembra pagare. Nei suoi sondaggi riservati c’è la risposta: dopo una settimana di attacchi al Cavaliere, il giudizio positivo degli italiani sul premier è cresciuto di un altro punto. Su Veltroni è sceso ancora di oltre un punto.