La Sanità in rosso che ha permesso l’aumento delle tasse locali

Pubblicato il 6 Gennaio 2013 - 20:37 OLTRE 6 MESI FA
Una corsia di ospedale

ROMA – I numeri forniti dal ministero della Salute mostrano che i timori sul rischio della insostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale espressi nelle settimane scorse da Monti, fossero infondati. A quanto scrive Paolo Russo sulla Stampa di oggi 6 gennaio, questo allarme per pareggiare i conti delle Regioni in rosso, ha infatti permesso principalmente di far crescere le tasse locali. Gli aumenti dei tributi locali e delle addizionali Irpef, in soli due anni, hanno fatto incassare al fisco 5 miliardi in più.

Scrive Russo:

“Il rischio che il sistema sanitario stia diventando finanziariamente insostenibile lo ha denunciato il mese scorso Mario Monti e il Presidente Napolitano poco dopo non ha mancato di sollecitare innovazione e razionalizzazione del sistema, destinato altrimenti a crisi irreversibile. Ora i numeri del ministero della Salute dimostrano quanto quei timori non fossero infondati perché senza aumenti di tasse locali già nel 2011 ben 16 regioni avrebbero tinto di rosso i propri bilanci sanitari”.  

“I dati del quarto trimestre, ultimi disponibili, evidenziano che prima di chiedere nuovi sacrifici fiscali ai contribuenti hanno chiuso il bilancio con leggeri attivi solo Lombardia, Veneto, Umbria, Marche e Abruzzo. Tutte le altre sarebbero andate in rosso. Il disavanzo maggiore lo avrebbe toccato il Lazio con 815 milioni, seguito dalla Sardegna con 283 milioni e il Piemonte con 260. Poi con gli aumenti delle addizionali Irpef e di balzelli locali vari i bilanci sono tornati a tingersi di blu, salvo che per Sardegna, Molise, Campania e Calabria. Ma per pareggiare i conti le Regioni in rosso hanno finito per tartassare i cittadini con aumenti di tributi locali e addizionali Irpef pari a 2,2 miliardi di euro nel 2011. Solo il Lazio ha fatto ricorso alla leva fiscale per 792 milioni”.

“E le cose non sono migliorate nel 2012, visto che l’aliquota media dell’addizionale Irpef, secondo l’osservatorio Uil sulle politiche territoriali, è passata da una media dell’1,19% all’1,49, che fanno altri 2,4 miliardi di euro prelevati dalle tasche dei contribuenti, che quindi per ripianare i deficit di Asl e ospedali in soli due anni hanno versato al fisco 5 miliardi in più. Il futuro è poi ancora meno roseo, con manovre varie che sforbiciano dal fondo sanitario altri 4,9 miliardi quest’anno e ben otto il prossimo. Le Regioni sono riuscite a far cancellare dalla legge di stabilità la norma che, per quelle in piano di rientro, anticipava a quest’anno la possibilità aggiungere un 1,1% alle aliquote delle addizionali Irpef regionali, senza alcuna esenzione per i redditi più bassi. Se ne riparlerà nel 2014”.

“Ma il salasso fiscale per la sanità nell’immediato non è scongiurato. Per le regioni in disavanzo sanitario c’è già oggi l’obbligo di applicare l’aliquota massima del 2,3, che non tutte applicano. Per quelle che in deficit non sono l’aliquota limite è dell’1,40%, ma se è dimostrata l’impossibilità di conseguire il pareggio di bilancio il prelievo può essere aumentato. L’Osservatorio Uil, in virtù dei tagli alla sanità, ha così previsto anche per quest’anno un aumento medio di 120 euro a testa dell’Irpef regionale, che diventano 138 nelle otto regioni in piano di rientro (Piemonte, Abruzzo, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Ma il salasso fiscale non basta ad evitare i tagli delle prestazioni. Pochi giorni fa la Federazione di Asl e Ospedali (Fiaso) ha presentato un dossier dove numeri alla mano si sostiene che i tagli ai listini prezzi dei fornitori di beni e servizi sanitari non stanno funzionando, costringendo le aziende sanitarie pubbliche a tagliare prestazioni. C’è la Asl che sospende il servizio di dialisi notturno, l’ospedale che non passa più acqua e latte ai ricoverati e quelli che hanno difficoltà ad acquistare farmaci e protesi (…)”

“Un altro allarme sui conti della Sanità viene dalla Cgia di Mestre: l’ufficio studi calcola che i fornitori delle strutture ospedaliere sono in attesa di ricevere almeno 40 miliardi di euro di pagamenti arretrati. E al totale mancano i dati di 5 Regioni che non li hanno comunicati. In media i pagamenti sono a 300 giorni, con un record di 973 in Calabria”.