“Aziende, se investite fuori dalla Lombardia niente incentivi”: saggezza federalista leghista. Col plauso della Cgil: un buon esempio per tutti

Pubblicato il 5 Ottobre 2010 - 19:20| Aggiornato il 6 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Stefano Galli

Il pregiudizio antileghista che talvolta vela il giudizio per chi vive a sud del Po, molte volte anche con ragione, non ha lasciato indenne nemmeno Blitzquotidiano, che ha la sua anima radicata a Roma e che ha aperto l’edizione notturna del 5 ottobre 2010 con la notizia riportata sotto e questo titolo: SOLDI SOLO A CHI RESTA ‘LUMBARD’/ LEGGE LEGHISTA CON L’OK DELLA CGIL, quasi fosse una colpa per la Cgil, già in forte calo di consensi nelle  fabbriche del Nord, difendere i lavoratori non solo con gli scioperi ma anche con le leggi.

A proposito di ruoli sindacali, ricordiamo quel che fecero i sindacati dell’auto tedeschi quando si profilò l’eventualità che la Fiat rilevasse la Opel. Non un’ora di sciopero, non un corteo, bastò alzare un sopracciglio e la cancelliera Angela Merkel bloccò tutto.

Se avrete l’interesse a leggere questa notizia, non essendo un imprenditore intenzionato a delocalizzare, potrete constatare che si tratta di una eccellente idea per le altre regioni e soprattutto per lo Stato italiano.

Una “leggina” di quelle da poche righe in un provvedimento molto più ampio. Eppure è una leggina che, di fatto, segna un precedente nella storia dell’industria italiana. La Lombardia, infatti, può “revocare” gli incentivi alle aziende che delocalizzano, ovvero spostano altrove gli impianti di produzione. Delocalizzano, attenzione, non necessariamente in Cina o in Vietnam. Per perdere un bel mucchio di quattrini sarà sufficiente pensare di spostare la produzione dalla Lombardia a Olbia (come ha fatto la Meridiana) o da Bergamo a Caserta (dove un maxi trasloco sta mettendo a rischio i posti di lavoro di 400 bergamaschi).

L’idea è venuta al consigliere capogruppo leghista Stefano Galli ed è diventata legge a tutti gli effetti. “La Regione Lombardia –  si legge nel testo della normativa -può procedere ad azioni di disincentivazione compresa la revoca di misure di sostegno alle imprese nei casi in cui la delocalizzazione produca un impatto occupazionale negativo sul territorio lombardo”. Tradotto in volgare significa: “Ve ne andate? Perdete gli incentivi”.

Galli è consapevole di aver inventato qualcosa di nuovo e spiega: “Che io sappia, è la prima volta in Italia che un territorio prende delle contromisure contro le delocalizzazioni”. Il suo, in effetti, è un antipasto di federalismo. Non di quello semplicemente fiscale: la legge disincentiva lo spostamento di investimenti e occupazione dalla Lombardia alla Sardegna.

Non è affatto un ragionamento sbagliato e può valere  per qualsiasi altra regione. Gli incentivi sono dati per favorire la presenza in un territorio: se l’azienda sposta altrove la produzione è giusto che li perda anche perché il nuovo insediamento è certamente corredato di corposi incentivi: fiscali, contributivi quanto meno nelle regioni italiane, retributivi e normativi all’esteo.

Il ragionamento del capogruppo leghista, però, trova appoggio nella Cgil che si dice favorevole alla legge: “Condividiamo in pieno questa iniziativa – afferma Gigi Bresciani, segretario della Cgil di Bergamo. – Non si capisce perché la Regione Lombardia dovrebbe incentivare e dare soldi di tutti i contribuenti a imprese che poi se ne vanno fuori Regione o fuori dall’Italia. Adesso serve una seria politica industriale che favorisca il mantenimento in patria delle attività produttive specie nei settori più innovativi”. Diametralmente opposto il parere di Confindustria che parla “una misura contro il mercato, che dimostra ignoranza”.