Meno carne, verdura e latte: risparmio degli italiani in tempo di crisi

Pubblicato il 13 Marzo 2012 - 10:37 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La spesa costa cara e le famiglie italiane in difficoltà rinunciano a carne, verdure e latte. Un rapporto di Intesa San Paolo spiega che i consumi alimentari, di bevande e tabacchi sono calati dell’1,5 per cento, tornando ai livelli di 30 anni fa. Complice la crisi e la pressione delle tasse, che sale al 42 per cento, mentre gli stipendi rimangono gli stessi ed i costi continuano ad aumentare. ”L’incremento della disoccupazione unito agli effetti delle manovre di correzione dei conti pubblici sulle famiglie fanno prevedere per il 2012 una nuova riduzione dei consumi delle famiglie italiane”, afferma ancora il report Intesa per Agriventure e presentato a Firenze.  Il rapporto Istat sui rincari di febbraio 2012 non è certo una rassicurazione per i consumatori: i rialzi sui prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti), è del 4,5% su base annua. Il rialzo, superiore al tasso d’inflazione (3,3%), risulta il maggiore dall’ottobre del 2008.

”Si deve tornare ai primi anni ’80 per scendere sotto i 2.400 euro annui destinati al comparto agroalimentare – dice il rapporto presentato nel corso del convegno Agriventure – si tratta in parte di un trend strutturale legato al minor consumo di alcune voci (come il tabacco) ma che segnala anche le evidenti difficoltà del consumatore italiano che, a fronte delle tensioni sul mercato del lavoro e del reddito disponibile, riduce ulteriormente gli sprechi e modera gli acquisti anche in un comparto dai bisogni poco comprimibili come l’alimentare”.  E nel 2012 non andrà meglio: “L’incremento della disoccupazione unito agli effetti delle manovre di correzione dei conti pubblici sulle famiglie fanno prevedere per il 2012 una nuova riduzione dei consumi delle famiglie italiane”, afferma ancora il report.

Ad analizzare la composizione della dieta degli italiani è la Coldiretti: ”Le tavole degli italiani si sono impoverite con meno carne bovina (-0,1%), pasta (-0,2%) carne di maiale e salumi (-0,8%), ortofrutta (-1%), meno latte fresco (-2,2%)”. La crisi non ha invece colpito i prodotti di qualità, con quasi un italiano su tre (29%) che ha acquistato regolarmente prodotti a denominazione di origine, il 14% quelli biologici, il 15% direttamente dal produttore. I commercianti continuano a vedere nero: la stretta si è fatta sentire anche su vestiario e calzature (-0,4%), sugli alcolici (-0,3%), mentre vola l’export del vino italiano sui mercati internazionali. Più salati invece sanità (+2,1%) e le tariffe di acqua, luce, gas (+1,1%).

Si sottovaluta poi ”l’effetto che le prossime legnate fiscali (addizionali, Imu) faranno emergere, un sempre più esteso malessere sociale, dalle famiglie alle imprese”, dice la Confesercenti. Se non ripartono i consumi non c’è crescita, ”nonostante ciò – dice – non si assiste al minimo segnale di inversione di rotta sul piano fiscale”. Mentre crescono industria e servizi, resta al palo l’agricoltura, segnalano Cia e Confagri.

Insomma un vero e proprio allarme che la corsa senza fine del costo della benzina trasforma in una ”emergenza nazionale” per il Codacons. Le associazioni agricole confermano: ”il ‘pieno’ per un’auto di media cilindrata ha superato i 93 euro, provocando un effetto valanga sulla spesa in un Paese dove l’88% delle merci viaggia su strada” dice la Coldiretti sottolineando che la benzina ormai costa più di un chilo di arance, di pasta o di un litro di latte fresco. ”I continui rincari da un lato spingono ancora più in alto il prezzo del pieno, dall’altro stravolgono il carrello della spesa degli italiani” dice la Cia che calcola in 200 euro annui il rincaro sul budget familiare. Stringere la cinghia, in tempo di crisi, è una necessità. La tavola il luogo del risparmio scelto dagli italiani. D’altronde evitare di mangiare non è possibile, e così il discount diventa il miglio amico delle famiglie in difficoltà.