Staffetta generazionale non crea lavoro: Ilo e Tito Boeri contro Giovannini

Pubblicato il 4 Giugno 2013 - 08:37 OLTRE 6 MESI FA
Staffetta generazionale non crea lavoro: Ilo e Tito Boeri contro Giovannini

Enrico Giovannini (foto Lapresse)

ROMA – Enrico Giovannini con la sua poco razionale idea della staffetta sul posto di lavoro e Elsa Fornero per la sua riforma disastrosa sono finiti sul libro nero della Organizzazione internazionale per il Lavoro, o International Labour Organization, una agenzia dell’Onu, a quanto scrive il Corriere della Sera, mentre su Repubblica l’economista Tito Boeri a sua volta boccia l’idea della staffetta, che “non crea lavoro”.

Non c’è molto da stupirsi, quando a guidare un ministero come quello del lavoro ci mettono uno che tutta la vita si è occupato di statistiche e una professoressa universitaria specializzata in pensioni, scelti non si sa con quale criterio perché non ce l’hanno mai detto, senza nessun passaggio di formazione politica.

La stroncatura di due ministri in sequenza è stata fatta dalla Ilo nell’ultimo rapporto, un documento ponderoso diffuso lunedì e liberamente disponibile online.

A proposito della staffetta di Giovannini, lo Ilo scrive:

“I lavoratori giovani non dovrebbero prendere il posto di quelli più anziani nel mercato del lavoro [mentre] il governo dovrebbe considerare altri mezzi per sostenere l’occupazione giovanile”.

Commenta il Corriere della Sera:

“L’Organizzazione cita l’esempio del sistema di garanzia per mantenere i giovani dentro il mercato del lavoro, gli incentivi all’assunzione dei più svantaggiati (disoccupati di lunga durata o giovani poco qualificati), le borse di formazione, e sforzi da compiere per migliorare l’incontro tra domanda e offerta (skills matching). Con buona pace per la staffetta del lavoro”.

Quanto alla riforma Fornero,

“La percentuale dei contratti a tempo determinato sull’insieme dei contratti precari è probabilmente aumentata a seguito della riforma Fornero», scrive l’Ilo, osservando che negli ultimi anni l’Italia ha registrato un’ampia diffusione dell’occupazione precaria (contratti involontari a tempo determinato o part-time): a partire dal 2007, il numero dei lavoratori precari è cresciuto di 5,7 punti percentuali ed ha raggiunto il 32% degli occupati nel 2012. Come dire: uno su tre”.

Tito Boeri parte invece da un appello al Governo:

“Per favore lavorate in silenzio e smettetela di fare annunci. Hanno l’unico effetto di peggiorare ulteriormente la situazione occupazionale e di disorientare l’opinione pubblica”.

Ultimo clamoroso esempio di annuncio fatto per farlo e rubare la scena ad altri colleghi di Governo impegnati anche loro in questo vortice di fandonie è quello del

“vicepresidente del Consiglio Alfano (crediamo abbia parlato in tale veste dato che le politiche del lavoro non sono state sin qui materia del ministero degli Interni) ha annunciato un piano per detassare le assunzioni di giovani disoccupati. Mettetevi nei panni di un datore di lavoro che si apprestava ad assumere lunedì due giovani disoccupati nella sua azienda. Apprendendo dai siti web di questo piano, che se attuato lo metterebbe in condizione di assumere i due lavoratori ad un costo inferiore di almeno il 50 per cento a quello preventivato, avrà con ogni probabilità deciso di aspettare l’entrata in vigore del piano prima di procedere all’assunzione. Se il piano dovesse poi essere varato, quel datore di lavoro si troverà premiato per assunzioni che avrebbe fatto comunque, con dunque uno spreco di denaro pubblico. Se invece il piano non venisse varato, ecco che forse il ministro Alfano avrebbe davvero ragioni per occuparsi della vicenda, questa volta per questioni di ordine pubblico”.

Altro caso, ancora più sciocco se non grave, è quello dei

“reiterati annunci sulla staffetta giovani-anziani. Se ne parla da anni, ma questa volta sono stati ribaditi più volte da esponenti di primo piano del governo, al punto che lo stesso Ufficio Internazionale del Lavoro (Ilo) ha ritenuto di intervenire sulla questione censurando in anticipo i piani del governo italiano in quanto discriminatori.

“I lavoratori italiani si sono sentiti dire molte volte negli ultimi vent’anni che avrebbero dovuto lavorare più a lungo. Poi milioni tra di loro sono rimasti bloccati dalla riforma delle pensioni varata a fine 2011 quando il paese era sull’orlo del baratro, dovendo in alcuni casi rimandare fino a cinque anni piani di pensionamento su cui avevano ponderato a lungo e costruito progetti di vita.

“Dopo aver accettato o anche semplicemente subito questo sacrificio, ora si sentono dire che stanno impedendo ai giovani di entrare nel mercato del lavoro”

“Coloro che ritardano l’andata in pensione in realtà aumentano la probabilità di un giovane di trovare lavoro, perché contribuiscono a ridurre il prelievo fiscale e contributivo sul lavoro che serve in gran parte a pagare la pensione a chi ha potuto ritirarsi dalla vita attiva prima di loro”.

“Inoltre, non è affatto vero che giovani e anziani sono tra di loro sostituibili. È vero, semmai, esattamente il contrario: c’è molta complementarietà tra lavoratori di diverse età. Molti studi su campioni longitudinali di lavoratori dimostrano come si rimanga produttivi anche in età avanzata, ma questa produttività si esprima su abilità diverse che tra i più giovani. Ad esempio, col passare degli anni si diventa più bravi a comunicare, a gestire oltre che nel trasmettere ad altri conoscenze, vale a dire si è più efficaci in quella formazione di cui hanno maggiore bisogno i giovani, che mancano di esperienza.

“Sostenendo che giovani e anziani sono sostituibili si offre anche un messaggio sbagliato ai datori di lavoro che spesso hanno pregiudizi negativi nei confronti dei lavoratori con più di 45 anni, tant’è che chi tra di loro perde il lavoro, fa una fatica tremenda a reinserirsi nel mercato: solo uno su quattro ci riesce in un anno.

“Se valutati in quanto a velocità e dinamismo oppure forza fisica, con rare eccezioni, non potranno certo competere con i più giovani. Ma se valutati sulla base di parametri diversi, si potranno rivelare particolarmente utili in un’azienda che sa valorizzare il modo con cui l’età plasma le abilità individuali”.

“Le politiche imposte dall’alto sono quanto mai controproducenti quando si vuole imporre un dato profilo d’età alla forza lavoro. I sindacati hanno in questi giorni siglato un importante accordo sulla rappresentanza che permetterà di esercitare meglio la contrattazione azienda per azienda. Lasciamo allora che discutano coi datori di lavoro come aumentare l’occupazione e promuovere forme di work-sharing a questo livello decentrato, tenendo conto delle specificità di queste imprese e di chi vi lavora”.